PROCEDIMENTO N. 14/2020 – RICORRENTE: Sig. BERNACCHIA MARCELLO N.Q. DI CANDIDATO ALLA CARICA DI DELEGATO DEGLI AFFILIATI PER LA REGIONE UMBRIA, AVVERSO L’ESCLUSIONE DELLA SUA CANDIDATURA DECRETATA DALLA COMMISSIONE ELETTORALE CON COMUNICATO N. 68 DEL 27/11/2020
il Tribunale Federale F.C.I. – 2^ Sezione, nelle persone del dott. Adriano Simonetti (Presidente), Andrea Leggieri e Mariano Parisi (Componenti), nonché il Segretario Franco Fantini, si è riunito in teleconferenza in data 4 Dicembre 2020; è presente per il ricorrente, l’Avv. Riccardo Vitali.
DECISIONE
Con ricorso ex articolo 41 comma quattro dello Statuto Federale FCI, il signor Bernacchia Marcello impugnava il provvedimento reso dalla Commissione Nazionale Elettorale della FCI e pubblicato nel comunicato FCI numero 68 del 27 novembre 2020 con il quale è stato valutata non ammissibile la candidatura pervenuta per la carica di Delegato in rappresentanza degli Affiliati all’Assemblea Elettiva Ordinaria Nazionale 2021- 2024 del signor Bernacchia Marcello, ai sensi dell'articolo 31 Comma 3 dello Statuto Federale, per l'esistenza di controversia giudiziaria numero di Ruolo Generale 4284 del 2019 pendente presso il Tribunale Ordinario di Perugia tra quest'ultimo e la Federazione Ciclistica Italiana.
A sostegno del proprio ricorso, da intendersi come integralmente trascritto, il ricorrente sosteneva di non aver citato in giudizio la Federazione ciclistica ma di essere stato convenuto in giudizio dalla medesima, insieme ad altri soggetti, con gradate responsabilità e con posizione personale del tutto marginale, per risarcimento di pretesi danni.
Ne conseguirebbe, anche alla luce del parere numero 7 del 2016 fornito dal Collegio di Garanzia Sezione Consultiva del Coni, allegato al ricorso, l'impossibilità di configurare come “controversia giudiziaria” quella in essere tra il ricorrente e la Federazione, con conseguente sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 31 comma 3 dello statuto FCI e, quindi, conseguente candidabilità dell’odierno ricorrente.
All’udienza del 4 dicembre 2020, il difensore del ricorrente, dopo aver dettagliatamente illustrato i motivi del ricorso, insisteva per accoglimento delle conclusioni ivi riportate con particolare riferimento all’istanza di sospensiva del provvedimento impugnato.
L’intestato Tribunale si ritirava in camera di consiglio all’esito della quale così decideva:
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
A ben vedere, infatti, l’art. 31 dello statuto FCI rubricato “condizioni di eleggibilità” specifica in maniera chiara come siano “Ineleggibili tutti coloro che abbiano in essere controversie giudiziarie con il CONI, la FCI, con altre Federazioni Sportive Nazionali, con Discipline Sportive Associate o con altri organismi riconosciuti dal Coni”.
La norma di riferimento si limita a rilevare la pendenza di una controversia giudiziaria, indipendentemente dal ruolo attivo o passivo che i soggetti in questione abbiano nei predetti procedimenti.
La norma, cioè, specifica l’ineleggibilità di coloro che abbiano in essere (indipendentemente dal fatto che l’abbiano intrapreso o l’abbiano subito) un giudizio con (o meglio contro) la Federazione ciclistica italiana.
L’intento del legislatore, al quale lo scrivente deve rifarsi per una corretta interpretazione dei provvedimenti normativi dei quali si richiede l’applicazione, è chiaro ed è reso palese dall’utilizzo, nella stesura della norma, dei termini “controversie in essere” e non, come avrebbe dovuto e potuto fare se avesse voluto limitate l’ineleggibilità al solo lato attivo, dei termini “intrapreso controversie”.
La norma, ad avviso dello scrivente Tribunale, correttamente, non distingue tra attore e convenuto e ciò in ossequio alle più basilari cognizioni processualistiche in ragione delle quali è noto che il “Convenuto” è presente nel processo per il solo fatto di essere stato regolarmente citato ex art. 101 e, in quanto tale, assume la qualità di parte del processo nonostante non abbia svolto alcuna attività difensiva e non si sia presentato in udienza (cd. contumacia).
L’inerzia del convenuto non pregiudica in alcun modo il regolare svolgersi del processo né rende di per sé scontato il suo esito; il giudice dovrà comunque verificare la sussistenza del diritto vantato in base alle prove prodotte e, l’unica sostanziale differenza, consiste nella impossibilità del convenuto stesso di sollevare eccezioni o proporre nuove domande.
Normalmente, il convenuto costituendosi in giudizio, richiede l’accertamento negativo circa la sussistenza del diritto vantato dall’attore: si è pertanto di fronte ad un’azione di mero accertamento negativo avente il medesimo oggetto della citazione.
Si è sottolineato in dottrina come l’azione del convenuto sia comunque autonoma ed indipendente da quella dell’attore, così che anche quando quest’ultimo abbandoni o rinunci al giudizio, l’azione del convenuto si manifesta come autonomo diritto e sussiste un vero e proprio interesse alla prosecuzione.
Non rileva quindi ai fini della pendenza del processo la differenza tra attore e convenuto.
A ben vedere, detto orientamento non è contrario a quanto stabilito nel parere n. 7 del 2016 del Collegio di Garanzia Sezione Consultiva del CONI che il ricorrente pone a sostegno delle proprie tesi.
Ciò in quanto nel predetto parere non prende in esame la predetta problematica, ma si limita, in maniera esaustiva e dettagliata, a stigmatizzare l’“abuso del diritto” e l’“abuso del processo”indipendentemente dal fatto che ad abusarne sia l’attore o il convenuto, con particolare riguardo agli effetti dei medesimi sulle condizioni di eleggibilità dei candidati.
Il parere in questione disapprova l’abuso strumentale dei mezzi processuali in quanto contrario ai principi che regolano, anche e soprattutto, il mondo sportivo.
Si legge nel parere che: “con abuso del processo deve, pertanto, intendersi un uso incongruo del diritto di compiere attività processuale, si tratti dell'avvio del processo, della proposizione di eccezioni, della formulazione di istanze istruttorie, e così via. Gli indici da cui desumere un abuso del processo sono assai eterogenei fra loro e si risolvono (senza pretesa di esaustività): a) nella volontà di nuocere da parte del suo autore; b) nel difetto di un reale interesse in capo al medesimo; c) nella non meritevolezza di tutela di tale interesse o comunque nella necessità di operare un bilanciamento con quello della controparte, o delle controparti; d) nella scorrettezza delle modalità di esercizio del diritto; e) nell'uso di quest'ultimo per uno scopo diverso rispetto a quello per il quale esso è conferito e così via enumerando.
L’abuso del processo, come ben osservano i giudici in Cass., 22 luglio 2014, n. 16627, che si richiamano alla giurisprudenza europea, «discende dal fatto che ogni ordinamento che aspiri a completezza e funzionalità deve “tutelarsi” per evitare che i diritti da esso garantiti siano esercitati o realizzati, pure a mezzo di un intervento giurisdizionale, in maniera “abusiva”, ovvero eccessiva e/o distorta».
Volendo seguire il predetto parere, cioè, bisognerebbe porre l’accento sull’effettiva esistenza di un diritto da tutelare giudizialmente, dovendosi cassare (ai fini della applicazione del dettato dell’art. 31 dello statuto) le azione abusive.
Ora entrando ancora di più nello specifico del caso in esame, non sembra all’intestato Tribunale che ci si trovi dinanzi ad un’azione strumentale né abusiva (a prescindere da quello che sarà l’esito del giudizio in corso tra le parti) né può ritenersi che l’azione della FCI risalente al luglio 2019 possa considerarsi strumentale al fine di procurare al ricorrente al condizione di ineleggibilità.
Non si ravvisa, inoltre, ad esempio dalla lettura degli atti allegati al ricorso, l’intento di nuocere, non si ravvisa nell’azione della FCI un difetto di interesse reale all’azione, l’interesse tutelato nell’azione (ove confermato in giudizio) sarebbe meritevole di interesse, non si ravvisa scorettezza, ecc.
La totale mancanza del fumus boni iuris, così come ampiamente illustrato nella parte motivazionale, rende a parere dell’intestato Tribunale, inaccoglibile anche la richiesta di sospensiva del provvedimento impugnato.
P.Q.M.
Il Tribunale respinge il ricorso.
Il Presidente del Tribunale Federale II Sezione
dott. Adriano Simonetti
Pubblicato in data 4 Dicembre 2020