Premi, compensi e rimborsi per collaboratori e atleti

    In attesa di quella che sarà la futura disciplina in materia di “lavoro sportivo” introdotta dalla Riforma dello sport (L. 86/2019), destinata, se portata a compimento, a rivoluzionare l’intero settore delle collaborazioni con atleti, direttori sportivi e altre figure analoghe, con il presente contributo si intende affrontare la tematica in oggetto secondo le norme attualmente vigenti per associazioni e società sportive dilettantistiche.

    Le associazioni e società sportive dilettantistiche, affiliate ad almeno una Federazione sportiva nazionale, Ente di promozione sportiva o Disciplina sportiva associata nonché iscritte nel Registro delle associazioni e società sportive tenuto dal Coni, possono riconoscere ai propri collaboratori delle somme a titolo di compenso, premio, indennità di trasferta e rimborsi spese forfettari fiscalmente neutrali per ciascun percipiente per un importo complessivamente non superiore a 10.000 euro (da riferirsi al totale delle somme effettivamente percepite dal singolo collaboratore anche se provenienti da diversi enti pagatori). Superata tale soglia l’ente erogante, in veste di sostituto d’imposta, dovrà corrispondere al collaboratore l’emolumento al netto della ritenuta fiscale del 23%, maggiorata delle addizionali regionali e comunali dell’Irpef.

    Tra i requisiti richiesti per fruire dell’agevolazione viene individuato dalla norma (art. 67, comma 1, lett. m) del Tuir) il fatto che le attività del collaboratore sportivo siano svolte “nell’esercizio diretto di attività sportiva dilettantistiche”. A ulteriore precisazione, secondo l'interpretazione autentica del legislatore, resa con l'art. 35, comma 5, del DL 207/2008 “Nelle parole «esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche» contenute nell'articolo 67, comma 1, lettera m), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono ricomprese la formazione, la didattica, la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica” senza quindi voler limitare, tale agevolazione alle sole prestazioni rese in funzione di una partecipazione a gare e/o a manifestazioni sportive, come in passato sostenuto dall’Agenzia delle Entrate (che si è allineata solo successivamente con risoluzione n. 38/E/2010).

    Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche (es. attività di segreteria, tenuta contabilità, gestione dei tesseramenti, ecc.).

    Fondamentale, per giustificare la natura delle somme quali “redditi diversi”, fiscalmente neutrali, è la qualifica del soggetto come “sportivo dilettante” nonché l’esercizio di tale attività non come una prestazione lavorativa (lavoro autonomo o subordinato), bensì come una sorta di attività volontaristica “indennizzata”.

    La stessa F.C.I. ha fornito delle indicazioni (delibera del Consiglio Federale n. 171 del 21/06/17) indicando alcune delle attività per le quali si ritiene possibile la corresponsione delle somme in regime di neutralità fiscale. Tale precisazione, pur rappresentando un “elenco indicativo e non esaustivo”, si è resa necessaria al fine di garantire alle associazioni e società sportive affiliate l’adozione di un corretto comportamento, soprattutto a seguito dell’emanazione della circolare n. 1/2016 da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (uno degli organismi preposti al controllo di tali fattispecie).

    Non sono, invece, da considerare nel plafond dei sopra citati 10.000 euro annui i c.d. rimborsi spese documentanti (anche se rappresentati da rimborsi chilometrici).

    Tali rimborsi, infatti, ai sensi dell’art. 69, comma 2 del Tuir non dovranno essere conteggiati nel reddito personale del soggetto percipiente (“Non concorrono, altresì, a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale”).

    Più in particolare, l’Agenzia delle Entrate (Risoluzione n. 38/E/2014) ha chiarito come “Le indennità chilometriche, per rientrare tra le spese documentate, non possono essere forfetarie, ma devono essere necessariamente quantificate in base al tipo di veicolo e alla distanza percorsa, tenendo conto degli importi contenuti nelle tabelle elaborate dall’ACI”. Fondamentale, continua l’atto di indirizzo citato, è che le trasferte per le quali si chiedono a rimborso sia le spese sostenute e che le indennità chilometriche siano legate a prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza o dimora abituale del collaboratore.

    Nulla vieta, però, che al trasfertista sia riconosciuto un rimborso chilometrico inferiore alla tariffa ACI o, per semplificare le procedure amministrative, di stabilire una media o un valore di rimborso al km “fisso”, purché sempre e comunque inferiore a quanto risultate dalle Tabella ACI (rappresentando questo solo un “tetto massimo” al di sopra del quale il rimborso assume natura di “rimborso forfettario”). A completamento della fattispecie si ritiene dover escludere dalla qualifica di rimborso spese esente tout court il rimborso delle spese di trasferta documentate dallo scontrino rilasciato dalla colonnina self-service del distributore di carburante, non essendo infatti l’importo legato ad alcun parametro fiscalmente riconosciuto (il rimborso potrebbe essere molto più alto del costo chilometrico determinato applicando la tariffa ACI del veicolo del trasfertista).

    Inoltre, riguardo tali spostamenti, soprattutto se effettuati su strade urbane o altre arterie prive di pedaggio, sarà opportuno redigere una dettagliata nota di trasferta (anche in formato di foglio elettronico) ove indicare data, chilometri percorsi, veicolo utilizzato e motivi della trasferta. A questo potranno essere aggiunte, se sostenute, ovviamente, spese di vitto, alloggio e di altra natura effettuate nell’esercizio del proprio incarico sociale, ove ammesse dal regolamento che disciplina i rimborsi spese.

    Sarà quindi opportuno (anche se non legato ad alcuna norma di legge) che l’ente sportivo provveda ad elaborare una sorta di “regolamento di trasferta” o, più semplicemente, a deliberare (attraverso l’organo direttivo) la disciplina dei rimborsi spese e dei parametri in base ai quali saranno riconosciuti compensi, premi e rimborsi a sportivi e collaboratori.

    Dott. Enrico Savio – Commercialista e revisore legale

    Avv. Daniela Moscarino – Avvocato


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    Federciclismo

    Federazione Ciclistica Italiana





    Premi, compensi e rimborsi per collaboratori e atleti

    In attesa di quella che sarà la futura disciplina in materia di “lavoro sportivo” introdotta dalla Riforma dello sport (L. 86/2019), destinata, se portata a compimento, a rivoluzionare l’intero settore delle collaborazioni con atleti, direttori sportivi e altre figure analoghe, con il presente contributo si intende affrontare la tematica in oggetto secondo le norme attualmente vigenti per associazioni e società sportive dilettantistiche.

    Le associazioni e società sportive dilettantistiche, affiliate ad almeno una Federazione sportiva nazionale, Ente di promozione sportiva o Disciplina sportiva associata nonché iscritte nel Registro delle associazioni e società sportive tenuto dal Coni, possono riconoscere ai propri collaboratori delle somme a titolo di compenso, premio, indennità di trasferta e rimborsi spese forfettari fiscalmente neutrali per ciascun percipiente per un importo complessivamente non superiore a 10.000 euro (da riferirsi al totale delle somme effettivamente percepite dal singolo collaboratore anche se provenienti da diversi enti pagatori). Superata tale soglia l’ente erogante, in veste di sostituto d’imposta, dovrà corrispondere al collaboratore l’emolumento al netto della ritenuta fiscale del 23%, maggiorata delle addizionali regionali e comunali dell’Irpef.

    Tra i requisiti richiesti per fruire dell’agevolazione viene individuato dalla norma (art. 67, comma 1, lett. m) del Tuir) il fatto che le attività del collaboratore sportivo siano svolte “nell’esercizio diretto di attività sportiva dilettantistiche”. A ulteriore precisazione, secondo l'interpretazione autentica del legislatore, resa con l'art. 35, comma 5, del DL 207/2008 “Nelle parole «esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche» contenute nell'articolo 67, comma 1, lettera m), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono ricomprese la formazione, la didattica, la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica” senza quindi voler limitare, tale agevolazione alle sole prestazioni rese in funzione di una partecipazione a gare e/o a manifestazioni sportive, come in passato sostenuto dall’Agenzia delle Entrate (che si è allineata solo successivamente con risoluzione n. 38/E/2010).

    Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche (es. attività di segreteria, tenuta contabilità, gestione dei tesseramenti, ecc.).

    Fondamentale, per giustificare la natura delle somme quali “redditi diversi”, fiscalmente neutrali, è la qualifica del soggetto come “sportivo dilettante” nonché l’esercizio di tale attività non come una prestazione lavorativa (lavoro autonomo o subordinato), bensì come una sorta di attività volontaristica “indennizzata”.

    La stessa F.C.I. ha fornito delle indicazioni (delibera del Consiglio Federale n. 171 del 21/06/17) indicando alcune delle attività per le quali si ritiene possibile la corresponsione delle somme in regime di neutralità fiscale. Tale precisazione, pur rappresentando un “elenco indicativo e non esaustivo”, si è resa necessaria al fine di garantire alle associazioni e società sportive affiliate l’adozione di un corretto comportamento, soprattutto a seguito dell’emanazione della circolare n. 1/2016 da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (uno degli organismi preposti al controllo di tali fattispecie).

    Non sono, invece, da considerare nel plafond dei sopra citati 10.000 euro annui i c.d. rimborsi spese documentanti (anche se rappresentati da rimborsi chilometrici).

    Tali rimborsi, infatti, ai sensi dell’art. 69, comma 2 del Tuir non dovranno essere conteggiati nel reddito personale del soggetto percipiente (“Non concorrono, altresì, a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale”).

    Più in particolare, l’Agenzia delle Entrate (Risoluzione n. 38/E/2014) ha chiarito come “Le indennità chilometriche, per rientrare tra le spese documentate, non possono essere forfetarie, ma devono essere necessariamente quantificate in base al tipo di veicolo e alla distanza percorsa, tenendo conto degli importi contenuti nelle tabelle elaborate dall’ACI”. Fondamentale, continua l’atto di indirizzo citato, è che le trasferte per le quali si chiedono a rimborso sia le spese sostenute e che le indennità chilometriche siano legate a prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza o dimora abituale del collaboratore.

    Nulla vieta, però, che al trasfertista sia riconosciuto un rimborso chilometrico inferiore alla tariffa ACI o, per semplificare le procedure amministrative, di stabilire una media o un valore di rimborso al km “fisso”, purché sempre e comunque inferiore a quanto risultate dalle Tabella ACI (rappresentando questo solo un “tetto massimo” al di sopra del quale il rimborso assume natura di “rimborso forfettario”). A completamento della fattispecie si ritiene dover escludere dalla qualifica di rimborso spese esente tout court il rimborso delle spese di trasferta documentate dallo scontrino rilasciato dalla colonnina self-service del distributore di carburante, non essendo infatti l’importo legato ad alcun parametro fiscalmente riconosciuto (il rimborso potrebbe essere molto più alto del costo chilometrico determinato applicando la tariffa ACI del veicolo del trasfertista).

    Inoltre, riguardo tali spostamenti, soprattutto se effettuati su strade urbane o altre arterie prive di pedaggio, sarà opportuno redigere una dettagliata nota di trasferta (anche in formato di foglio elettronico) ove indicare data, chilometri percorsi, veicolo utilizzato e motivi della trasferta. A questo potranno essere aggiunte, se sostenute, ovviamente, spese di vitto, alloggio e di altra natura effettuate nell’esercizio del proprio incarico sociale, ove ammesse dal regolamento che disciplina i rimborsi spese.

    Sarà quindi opportuno (anche se non legato ad alcuna norma di legge) che l’ente sportivo provveda ad elaborare una sorta di “regolamento di trasferta” o, più semplicemente, a deliberare (attraverso l’organo direttivo) la disciplina dei rimborsi spese e dei parametri in base ai quali saranno riconosciuti compensi, premi e rimborsi a sportivi e collaboratori.

    Dott. Enrico Savio – Commercialista e revisore legale

    Avv. Daniela Moscarino - Avvocato


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