2^ sezione – Decisione n. 1 / 2015

    LA CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE SECONDA

    Nella seguente composizione

     

    Presidente – Prof. Avv. Jacopo Tognon

    Componenti – Avv. Rosita Gervasio, relatore; Avv. Duccio Panti; Avv. Miriam Zanoli

     

    ha emesso la seguente decisione sulla richiesta di interpretazione sollevata dalla Corte Sportiva d’Appello con ordinanza del 05.06.2015 in procedimento n. 1/2015

     

    A) La prima questione da affrontare è quella relativa alla ritualità o meno delle modalità di presentazione del reclamo in oggetto e, più precisamente, se la procedura seguita dalla ricorrente, che ha inoltrato il gravame medesimo al Comitato Regionale Lombardia, sia o no regolare.

    A tal proposito, appare ineludibile far riferimento al dato normativo e, cioè, all’art. 29 comma 2 del Regolamento di Giustizia, secondo cui i ricorsi in Corte Federale di Appello devono essere inoltrati e/o depositati presso la Segreteria della Corte medesima.

    L’assenza, nella richiamata disposizione, di qualunque altro e diverso Organo e/od Ufficio deputato alla ricezione del reclamo (ivi compreso un Organo periferico quale il Comitato Regionale Lombardia) deve indurre a reputare la statuizione de qua assolutamente tassativa ed inderogabile: per cui la proposizione del ricorso in parola è da considerarsi sicuramente erronea e non corretta.

    In tal senso, non si ritiene che il principio di conservazione degli atti possa spingersi sino al punto da consentire di sanare irregolarità procedurali e violazioni normative tanto palesi e significative  quale quella oggi in discussione.

    Per quel che concerne, infine, le peculiari circostanze oggettive caratterizzanti la fattispecie in esame (e, precipuamente, l’avvenuta trasmissione, a sua volta, da parte del Comitato Regionale Lombardia, del reclamo medesimo alla Corte Federale di Appello e, soprattutto, il concorso, nella determinazione della irrituale presentazione, dello stesso Comitato, il quale avrebbe fornito al soggetto ricorrente una inesatta indicazione al riguardo, così come espressamente e spontaneamente ammesso nella comunicazione a mezzo PEC del 27 Maggio 2015), trattasi di questioni che esulano dall’ambito decisionale di questo Collegio, andando ad investire aspetti (ad es., l’eventuale errore scusabile) di esclusiva competenza dei Giudici di merito.

     

    B) Va affrontata, ora, la seconda problematica giuridica ed esegetica sottoposta all'attenzione di questa Corte: vale a dire, quale sanzione disciplinare applicare ad un atleta juniores che, dopo una gara, si sia presentato fuori tempo massimo al controllo rapporti.

    La prefata condotta, in particolare, sembrerebbe regolata e disciplinata da due plessi normativi in apparente contrasto tra di loro: da un lato, il Regolamento Tecnico Attività Agonistica – Strada, che, all'Allegato 5 – Prospetto Infrazioni e Sanzioni, contiene l'art. 2.29: "Partecipazione a gara con rapporto irregolare. Esclusione dall'ordine di arrivo ed un mese di sospensione"; dall'altro, le Norme Attuative, in cui è inserito l'art. 11.0: "Modalità di effettuazione del controllo rapporti. Sanzioni (…) Dopo la gara: mancata presentazione al controllo rapporti o rapporto non corretto: corridore: esclusione dall'ordine di arrivo e 2 mesi di squalifica".

    Preliminarmente, va chiarito che la differente terminologia adoperata per definire la tipologia sanzionatoria ("sospensione" e "squalifica") non assume alcun rilievo ai fini del contendere, trattandosi della medesima punizione, così come statuito dall'art. 148 lettera g) del Regolamento Tecnico.

    Con riguardo, invece, al quantum sanzionatorio da applicarsi a carico del corridore inadempiente (uno o due mesi), è fondamentale il criterio adottato per la risoluzione di tale problematica: ove, ad esempio, si optasse per un approccio di tipo gerarchico in relazione alle fonti in esame, è evidente che dovrebbe reputarsi prevalente il Regolamento Tecnico, con conseguente sanzione per il corridore di un mese di sospensione.

    Senonchè, laddove si analizzino e si confrontino, sul piano logico-sistematico, le due disposizioni in questione, appare certamente preferibile ricorrere ad altro e più appropriato criterio: quello, cioè, di specialità.

    In effetti, appare innegabile come i comportamenti regolamentati dall'art. 11.0 delle Norme Attuative che qui interessano si pongano in un rapporto di specialità rispetto alla normativa generale di cui all'art. 2.29: il che non solo giustifica la diversa misura sanzionatoria prevista dalla prima disposizione (due mesi) in confronto alla seconda (un mese) ma, quel che più conta, induce a reputare prevalente, nel caso su cui qui si discute, la squalifica più severa.

    Detto approccio interpretativo, del resto, trova un supporto preziosissimo ed, anzi, determinante nell'art. 30 delle Norme Attuative, il quale così recita: "Per quanto non espressamente previsto nelle presenti Norme Attuative, vige il RTAA della FCI".

    Dal richiamato disposto, emerge evidente la natura meramente residuale del Regolamento Tecnico Attività Agonistica (e, quindi, anche dell'art. 2.29) rispetto alle Norme Attuative (ivi compreso l'art. 11.00 per le modalità di effettuazione del controllo rapporti).

    Per cui, la sanzione da applicarsi al corridore, nel caso oggi in discussione, non può che essere la squalifica per due mesi.

    De iure condendo, peraltro, sarebbe opportuno che il legislatore sportivo intervenisse sulle due norme in parola, cercando non solo di armonizzarle sul piano sanzionatorio ma di configurare, altresì, un sistema di gradualità e di variabilità della misura punitiva a seconda della maggiore o minore censurabilità della condotta violativa, attraverso la previsione di un minimo ed un massimo, in luogo di un'unica ed immutabile sanzione edittale.                

     

    Il Presidente

    Prof. Avv. Jacopo Tognon

     

    data di pubblicazione: 02/07/2015

    Allegati:

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    N.ยฐ 1 del 2015

    2 Luglio, 2015

    2^ sezione - Decisione n. 1 / 2015

    Comunicato N. 1 del 02/07/15

    LA CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE SECONDA

    Nella seguente composizione

     

    Presidente – Prof. Avv. Jacopo Tognon

    Componenti – Avv. Rosita Gervasio, relatore; Avv. Duccio Panti; Avv. Miriam Zanoli

     

    ha emesso la seguente decisione sulla richiesta di interpretazione sollevata dalla Corte Sportiva d’Appello con ordinanza del 05.06.2015 in procedimento n. 1/2015

     

    A) La prima questione da affrontare è quella relativa alla ritualità o meno delle modalità di presentazione del reclamo in oggetto e, più precisamente, se la procedura seguita dalla ricorrente, che ha inoltrato il gravame medesimo al Comitato Regionale Lombardia, sia o no regolare.

    A tal proposito, appare ineludibile far riferimento al dato normativo e, cioè, all’art. 29 comma 2 del Regolamento di Giustizia, secondo cui i ricorsi in Corte Federale di Appello devono essere inoltrati e/o depositati presso la Segreteria della Corte medesima.

    L’assenza, nella richiamata disposizione, di qualunque altro e diverso Organo e/od Ufficio deputato alla ricezione del reclamo (ivi compreso un Organo periferico quale il Comitato Regionale Lombardia) deve indurre a reputare la statuizione de qua assolutamente tassativa ed inderogabile: per cui la proposizione del ricorso in parola è da considerarsi sicuramente erronea e non corretta.

    In tal senso, non si ritiene che il principio di conservazione degli atti possa spingersi sino al punto da consentire di sanare irregolarità procedurali e violazioni normative tanto palesi e significative  quale quella oggi in discussione.

    Per quel che concerne, infine, le peculiari circostanze oggettive caratterizzanti la fattispecie in esame (e, precipuamente, l’avvenuta trasmissione, a sua volta, da parte del Comitato Regionale Lombardia, del reclamo medesimo alla Corte Federale di Appello e, soprattutto, il concorso, nella determinazione della irrituale presentazione, dello stesso Comitato, il quale avrebbe fornito al soggetto ricorrente una inesatta indicazione al riguardo, così come espressamente e spontaneamente ammesso nella comunicazione a mezzo PEC del 27 Maggio 2015), trattasi di questioni che esulano dall’ambito decisionale di questo Collegio, andando ad investire aspetti (ad es., l’eventuale errore scusabile) di esclusiva competenza dei Giudici di merito.

     

    B) Va affrontata, ora, la seconda problematica giuridica ed esegetica sottoposta all'attenzione di questa Corte: vale a dire, quale sanzione disciplinare applicare ad un atleta juniores che, dopo una gara, si sia presentato fuori tempo massimo al controllo rapporti.

    La prefata condotta, in particolare, sembrerebbe regolata e disciplinata da due plessi normativi in apparente contrasto tra di loro: da un lato, il Regolamento Tecnico Attività Agonistica - Strada, che, all'Allegato 5 - Prospetto Infrazioni e Sanzioni, contiene l'art. 2.29: "Partecipazione a gara con rapporto irregolare. Esclusione dall'ordine di arrivo ed un mese di sospensione"; dall'altro, le Norme Attuative, in cui è inserito l'art. 11.0: "Modalità di effettuazione del controllo rapporti. Sanzioni (...) Dopo la gara: mancata presentazione al controllo rapporti o rapporto non corretto: corridore: esclusione dall'ordine di arrivo e 2 mesi di squalifica".

    Preliminarmente, va chiarito che la differente terminologia adoperata per definire la tipologia sanzionatoria ("sospensione" e "squalifica") non assume alcun rilievo ai fini del contendere, trattandosi della medesima punizione, così come statuito dall'art. 148 lettera g) del Regolamento Tecnico.

    Con riguardo, invece, al quantum sanzionatorio da applicarsi a carico del corridore inadempiente (uno o due mesi), è fondamentale il criterio adottato per la risoluzione di tale problematica: ove, ad esempio, si optasse per un approccio di tipo gerarchico in relazione alle fonti in esame, è evidente che dovrebbe reputarsi prevalente il Regolamento Tecnico, con conseguente sanzione per il corridore di un mese di sospensione.

    Senonchè, laddove si analizzino e si confrontino, sul piano logico-sistematico, le due disposizioni in questione, appare certamente preferibile ricorrere ad altro e più appropriato criterio: quello, cioè, di specialità.

    In effetti, appare innegabile come i comportamenti regolamentati dall'art. 11.0 delle Norme Attuative che qui interessano si pongano in un rapporto di specialità rispetto alla normativa generale di cui all'art. 2.29: il che non solo giustifica la diversa misura sanzionatoria prevista dalla prima disposizione (due mesi) in confronto alla seconda (un mese) ma, quel che più conta, induce a reputare prevalente, nel caso su cui qui si discute, la squalifica più severa.

    Detto approccio interpretativo, del resto, trova un supporto preziosissimo ed, anzi, determinante nell'art. 30 delle Norme Attuative, il quale così recita: "Per quanto non espressamente previsto nelle presenti Norme Attuative, vige il RTAA della FCI".

    Dal richiamato disposto, emerge evidente la natura meramente residuale del Regolamento Tecnico Attività Agonistica (e, quindi, anche dell'art. 2.29) rispetto alle Norme Attuative (ivi compreso l'art. 11.00 per le modalità di effettuazione del controllo rapporti).

    Per cui, la sanzione da applicarsi al corridore, nel caso oggi in discussione, non può che essere la squalifica per due mesi.

    De iure condendo, peraltro, sarebbe opportuno che il legislatore sportivo intervenisse sulle due norme in parola, cercando non solo di armonizzarle sul piano sanzionatorio ma di configurare, altresì, un sistema di gradualità e di variabilità della misura punitiva a seconda della maggiore o minore censurabilità della condotta violativa, attraverso la previsione di un minimo ed un massimo, in luogo di un'unica ed immutabile sanzione edittale.                

     

    Il Presidente

    Prof. Avv. Jacopo Tognon

     

    data di pubblicazione: 02/07/2015

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