1^ sezione – Procedimento Rg 1/23

    Il Tribunale Federale Sezione I in composizione Collegiale nella persona dei Sigg.ri:

    Avv. Salvatore Minardi – Presidente

    Avv. Patrich Rabaini – Relatore

    Avv. Stefano Gianfaldoni – Componente

    con l’assistenza del segretario Avv. Marzia Picchioni (funzionaria FCI).

    Nel procedimento iscritto al N° 1/2023 R.G. Trib. a carico del tesserato Andrea Fin, difeso in proprio, chiamato a rispondere delle seguenti violazioni disciplinari:

    1. Violazione dell’art. 1, punti 1 e 3, del Regolamento di Giustizia Federale della F.C.I., perchè in spregio del dovere gravante su ciascun tesserato di osservare una condotta conforme ai principi di lealtà, rettitudine e correttezza anche morale nell’ambito dei rapporti riguardanti l’attività federale ed altresì ed espressamente nell’ambito dei rapporti sociali ed economici; inoltre, in violazione del divieto rivolto ai tesserati FCI di esprimere giudizi lesivi della reputazione, onore e decoro di persone ed organismi operanti nell’ambito federale oltre che delle istituzioni federali in genere, nonchè di fornire a terzi notizie ed informazioni riguardanti persone e fatti ancora sottoposti all’esame e al vaglio degli organi di giustizia federale, il Dott. Andrea Fin, tesserato presso la FCI per l’anno 2023:
    1. Il 23 febbraio 2023, sul sito www.Ciclismoweb.net, pubblicava un articolo a sua firma, intitolato “FCI: il nuovo logo è di Cordiano Dagnoni”, accompagnato dalla riproduzione di una foto raffigurante un’immagine tratta dal film “il marchese del Grillo” in cui al volto del noto attore Alberto Sordi veniva giustapposto quello del Presidente della FCI, Sig. Cordiano Dagnoni. In tale articolo, il Dott. Andrea Fin commentava le vicende relative alla presentazione del nuovo marchio della Federazione Ciclistica Italiana nonchè la disciplina impartita per regolarne l’utilizzo dall’ufficio “Settore Eventi Federali”, tra l’altro, omettendo di dar conto dell’avvenuta registrazione di tale marchio e della proprietà dello stesso in capo alla Federazione Ciclistica Italiana, ricorrendo alle seguenti espressioni lesive della figura del Presidente federale e del responsabile del Settore Eventi Federali: “Tesserati senza logo – Insomma, se ancora non vi fosse chiaro, il logo è proprietà esclusiva della FCI. Anzi, del Presidente Cordiano Dagnoni che deciderà se concederlo, a chi e in quali occasioni. Una novità per tutte le società che svolgono la propria attività in qualità di <<affiliate>> alla FCI e nel rispetto delle regole della stessa Federazione. Tutti i dirigenti che erano abituati a riportare, con orgoglio e spirito di appartenenza, il logo della Federazione nelle proprie locandine, nei volantini, sui siti e persino sulle coppe, sulle targhe, sulle maglie consegnate sui podi di tutta Italia, dovranno quindi stare in guardia. Da oggi, anzi, da ieri, questo logo non si può più utilizzare senza l’approvazione, il consenso e la concessione del patrocinio del Presidente Dagnoni (o, eventualmente, per le manifestazioni minori dei Presidenti Regionali e Provinciali). Non è sufficiente essere degli affiliati o dei tesserati della FCI (pagando le quote dovute) per potersi fregiare del logo della Federazione a cui si appartiene. Non è sufficiente nemmeno ottenere l’approvazione della gara per poter usare il logo della FCI. Servirà una ulteriore richiesta di <<concessione del patrocinio>> che potrebbe, peraltro, venire rifiutata a seconda delle valutazioni del Presidente. Una scelta quantomai bizzarra e, ancora una volta, contraria alle disposizioni del CONI. E’ lo stesso CONI, infatti, a chiarire che <<le ASD e le SSD possono utilizzare esclusivamente il logo della Federazione di appartenenza e, quindi, se in esso è presente il logo CONI suddetto (stilizzato, a righe) esso può essere inserito nella propria corrispondenza o nei propri stampati>>. (…) In nessun caso il Presidente può decidere di fare <<uso proprio>> delle risorse della Federazione o dello stemma federale. Tantomeno decidere che un tesserato possa utilizzare il logo della FCI mentre un altro no. Ancora meno, a dettare queste linee guida, può essere un semplice dipendente della FCI anche se questo sia il Segretario del Presidente, figura nemmeno prevista dallo Statuto Federale, o appartenga al <<Settore Eventi Federali>> di nuova invenzione presidenziale. Lo spirito di appartenenza alla FCI passa anche attraverso il riconoscimento delle società come appartenenti alla Federazione tramite il richiamo ad un simbolo, un logo; imporre a chi svolge l’attività ed è in regola con i doveri federali, una ulteriore richiesta per la concessione di un patrocinio significa sminuire ulteriormente il lavoro di società e tesserati. Questa nuova invenzione del Presidente Dagnoni allontana di un altro gradino la base dal vertice della FCI ed equivale ad una prese di distanze: la FCI, in questo modo, arrogandosi il diritto di concedere o meno il patrocinio, è come se disconoscesse tutte le attività svolte dai propri tesserati e dalle proprie società, quasi non le appartenessero”. Lasciava così intendere al pubblico, in un contesto, peraltro, extra sportivo, attraverso il contenuto dell’articolo nel suo complesso e con le espressioni riportate, che il nuovo logo della Federazione Ciclistica non dovesse essere oggetto di qualsivoglia disciplina all’utilizzo, attribuendone contrariamente al vero la proprietà/disponibilità di fatto in capo alla persona del Presidente Dagnoni (“In nessun caso il Presidente può decidere di fare uso proprio delle risorse della Federazione”) e accreditando la tesi di un arbitrario utilizzo privato del marchio da parte dello stesso Presidente federale in danno degli affiliati;
    2. In data 04 aprile 2023, dopo avere ricevuto il telegramma di convocazione per il successivo 05 aprile per essere ascoltato dall’Ufficio di Procura Federale della F.C.I., inviava una nota a sua firma al Presidente Federale e per conoscenza ai Componenti del Consiglio Federale, al Collegio dei Revisori dei Conti FCI e alla Segreteria della Procura Federale, nella quale preannunciando il proprio rifiuto di presentarsi dinanzi alla Procura Federale, per le ragioni meglio specificate nel testo, attribuiva alla FCI e al Procuratore Federale, Avv. Nicola Capozzoli, quale espressione della Federazione, condotte testualmente definite come “inquisitorie” e “intimidatorie”, oltre a disconoscere qualunque autorità in capo all’Ufficio di Procura ed al Procuratore Federale, per non essere quest’ultimo, in quanto non appartenente agli Organi di Giustizia, tesserato FCI; nel medesimo contesto, nell’ascrivere omissioni e violazioni regolamentari alla Segreteria Generale in relazione alla mancata verifica del tesseramento del Procuratore Federale. In particolare, si riferiva alla FCI, al Procuratore Federale e alla Segreteria Generale con le seguenti affermazioni: “Di fronte a quanto sin qui esposto, appare chiaro che la FCI non detiene alcuna giurisdizione né alcuna competenza per porre sotto indagine, per il tramite dell’Avv. Nicola Capozzoli, il sottoscritto giornalista. Si tratta, al contrario, di un evidente tentativo dai toni, dalle modalità e dal fine chiaramente inquisitori e intimidatori nei confronti di un giornalista che ha svolto il proprio lavoro. Per questo motivo, l’indagine disciplinare della FCI che ha come motivazione gli articoli del 23.02.2023 e del 31.03.2023, è da ritenersi del tutto illegittima così come la conseguente convocazione del sottoscritto fissata per il giorno 05.04.2023 presso gli uffici federali. (…) 3.C – Procuratore non tesserato indaga il giornalista tesserato. Questione ancor più curiosa, poi, è il fatto che lo stesso Avv. Nicola Capozzoli, il Procuratore Federale il quale ha disposto l’audizione del sottoscritto giornalista, in qualità di tesserato FCI, non risulta, ad oggi, essere a sua volta un tesserato della FCI. Colgo l’occasione per rammentarle la non trascurabile circostanza che non essendo la Procura Federale un organo di giustizia, vige, per il Procuratore stesso, alla stregua di qualsiasi altro dirigente con incarichi federali, l’obbligo del tesseramento, così come previsto dall’art. 31, comma 1, lett. C dello Statuto della FCI. Per questo sorprende ancora di più la condotta della Segreteria Generale che avrebbe segnalato alla Procura il caso in oggetto senza, invece, ottemperare al suo ruolo di controllo e garanzia di applicazione delle norme statutarie. Spetta infatti alla Segreteria, come lei certamente sa, accertarsi che un dirigente sia tesserato prima della nomina, passaggio fondamentale per esercitare le funzioni connesse alla carica stessa. Non mi dilungo sul fatto che questo modo di operare, in sostanza, giustifica il mancato rispetto delle norme federali anche da parte della stessa Segreteria. (…) A questo punto le chiedo come può un soggetto estraneo alla FCI ricoprire il ruolo di Procuratore Federale? E, come può tale soggetto non tesserato alla FCI, indagare e disporre l’audizione di soggetti tesserati alla FCI? Dunque: il sottoscritto, nello svolgimento della propria attività professionale, viene sottoposto ad indagine in quanto <<anche tesserato della FCI>> da soggetto non tesserato che, però, è stato nominato su Sua proposta dal Consiglio Federale, opera all’interno della FCI e si rapporta quotidianamente con gli Organi di Giustizia (pur non essendo tale). La contraddizione, per chi voglia vedere, è chiara ed evidente”. Quanto sopra, tra l’altro, nonostante l’esplicita inclusione, al Titolo VI dello Statuto della Federazione Ciclistica Italiana, della figura del Procuratore Federale tra gli Organi di Giustizia e la giurisprudenza del Collegio di Garanzia dello Sport, in ordine all’insussistenza di obbligo di tesseramento in capo ai componenti degli Organi di Giustizia (in particolare, Decisione n. 44/2020, Collegio di Garanzia dello Sport, IV Sezione);
    3. In data 05 aprile 2023, sul sito www.Ciclismoweb.net, pubblicava l’articolo a sua firma, intitolato: “FCI: giù le mani da Ciclismoweb!”, nel quale oltre a diffondere la copia del telegramma di convocazione inviatogli dall’Ufficio di Procura Federale per l’audizione fissata lo stesso 05 aprile e la copia della nota del precedente 04 aprile di cui al punto 3, benchè si trattasse di atti relativi ad un procedimento in fase di indagini che dovevano restare coperti da segreto, attribuiva al Presidente Federale Dagnoni e al Procuratore Federale, Avv. Nicola Capozzoli, quale emanazione del primo, l’intento di impedirgli – attraverso l’iscrizione di un procedimento disciplinare a suo carico – di svolgere l’attività di giornalista con riferimento a fatti e vicende aventi ad oggetto la Federazione Ciclistica Italiana tra l’altro, con le seguenti affermazioni: “Aprire la cassetta della posta e trovare un telegramma riporta direttamente al secolo scorso. Se poi il tono è quello inquisitorio della Procura Federale allora il flashback è direttamente agli anni 30 del 900. Indagato – Dallo scorso 21 marzo, chi scrive è ufficialmente indagato dalla Procura Federale capitanata dall’Avv. Nicola Capozzoli. La colpa è quella di aver scritto riguardo ai fatti (e misfatti) che riguardano la FCI. Utilizzando il fatto che il sottoscritto è <<anche>> un tesserato della FCI, il Presidente Cordiano Dagnoni vorrebbe mettere il bavaglio al Ciclismoweb.net che in questi mesi, documenti alla mano, ha aggiornato i appassionati, tifosi, addetti ai lavori e tesserati della FCI su quanto accade all’interno del palazzo. (…) Non si illuda quindi il Presidente Cordiano Dagnoni, che in questi giorni si è vantato pubblicamente di aver fatto avviare l’indagine a carico di Andrea Fin dalla Procura Federale: anche questo gramo tentativo di mettere l’anello al naso a Ciclismoweb.net non andrà a buon fine. La convocazione e l’intimidazione – Il famoso telegramma convocava chi scrive a presentarsi per oggi pomeriggio, innanzi alla Procura Federale per riferire circa l’articolo con cui avevamo dato conto della circolare emessa dal segretario personale del Presidente Dagnoni sull’utilizzo del logo federale (…). Lunedì ci è stata recapitata una ulteriore e-mail, a firma del segretario della Procura Federale Alessandro Bezzi, con cui venivamo informati che nel fascicolo di indagine era stato inserito anche l’articolo sul bando per l’assegnazione del Giro U23 e Giro Donne (…) Ovviamente non vi sarebbe nessun problema nel presentarsi davanti alla Procura Federale ma, come potrete leggere nella lettera che abbiamo inviato ieri alla FCI, questo organo non ha alcuna giurisdizione per giudicare l’operato di un giornalista e di un organo di informazione. In Italia, che piaccia o meno al Presidente Dagnoni e all’Avv. Capozzoli, la Costituzione garantisce la libertà di stampa su cui possono pronunciarsi unicamente i giudici dello Stato. Utilizzare il tesseramento FCI, peraltro in qualità di dirigente di una associazione giovanile che opera tra i giovanissimi e di socio in una compagine che si occupa di viaggi cicloturistici, per mettere a tacere un giornalista è un tentativo talmente goffo e fuori luogo che non ha bisogno di alcun commento. (…) Dato che, con ogni probabilità, anche questo articolo finirà all’interno del fascicolo del Procuratore Capozzoli, non ci vogliamo dimenticare nemmeno di lui. Questa vicenda, infatti, ci consente di accendere un faro su una ulteriore criticità dell’organizzazione federale: l’Avv. Nicola Capozzoli, Procuratore Federale, non risulta essere tesserato. E dire che, invece, l’art. 31, comma 1, dello Statuto Federale impone chiaramente a tutti i candidati a ricoprire cariche di nomina o elettive (ad esclusione degli organi di giustizia tra cui non rientra la Procura Federale) l’obbligo di essere in possesso del requisito del tesseramento preventivo. Ed il controllo di questo è affidato all’operatività imparziale della Segreteria Generale. Dunque sarebbe un personaggio nominato in maniera illegittima, che svolge illegittimamente il proprio ruolo a indagare e convocare un giornalista solo perché quest’ultimo è <<anche>> tesserato alla FCI. Tanto ci basta per ribadire con forza <<Cara FCI, giù le mani da Ciclismoweb.net!>>” Con le richiamate espressioni, inoltre, lasciava intendere ai lettori e in generale al pubblico circostanze concernenti l’asserito illegittimo esercizio della funzione del Procuratore Federale ad opera dell’Avv. Nicola Capozzoli, per non essere quest’ultimo tesserato FCI, nonostante l’esplicita inclusione, al Titolo VI dello Statuto della Federazione Ciclistica Italiana, della figura del Procuratore Federale tra gli Organi di Giustizia e la giurisprudenza del Collegio di Garanzia dello Sport, in ordine all’insussistenza di obbligo di tesseramento in capo ai componenti degli Organi di Giustizia (in particolare, Decisione n. 44/2020, Collegio di Garanzia dello Sport, IV Sezione).

    All’udienza Collegiale, ritualmente convocata, del 22 settembre 2023 alle ore 11.00, verificata la regolarità delle convocazioni presenti:

    – per l’Ufficio della Procura Federale, il Procuratore Federale Aggiunto Avv. Ida Blasi nonché il Segretario Sig. Alessandro Bezzi (Funzionario FCI);

    – il deferito Dr. Andrea Fin non è comparso.

    IN FATTO

    Il Presidente dà la parola al giudice relatore per la relazione introduttiva.

    Per l’U.P.F. il Procuratore Federale Aggiunto Avv. Ida Blasi preliminarmente precisa che l’azione disciplinare viene svolta in quanto Fin Andrea risulta tesserato per l’anno 2023, per la Federazione Ciclistica Italiana e, in quanto tale, è soggetto alla giurisdizione della Giustizia Sportiva e, dunque, allo statuto e al regolamento di Giustizia Federale. Procede, poi, all’illustrazione dell’atto di deferimento precisando le motivazioni poste a base dello stesso ed illustrando dettagliatamente l’esito degli atti di indagine.

    Più in particolare, il Procuratore Federale si sofferma sull’analisi degli elementi in forza dei quali ritenere provata la responsabilità del deferito Dr. Andrea Fin ponendo l’accento sulla gravità dei fatti contestati al deferito.

    Il Procuratore Federale Aggiunto conclude chiedendo che sia irrogata al deferito la sanzione dell’inibizione temporanea per mesi 3 ed euro 1.500,00 di ammenda.

    Il Tribunale Federale I Sezione

    in camera di consiglio ha emesso la pronuncia che segue.

    Preliminarmente, va esaminata, sia pur incidenter tantum, la questione relativa alla legittimazione dell’Ufficio della Procura Federale ad esercitare l’azione disciplinare nei confronti dell’odierno deferito.

    Nella missiva datata 4 aprile 2023 il deferito afferma che il Procuratore Federale non sarebbe titolare di alcun potere di impulso all’azione disciplinare giacché il medesimo non risulta tesserato per la Federazione Ciclistica Italiana e la sua funzione non è annoverata tra gli Organi di Giustizia della FCI.

    La questione sollevata dal tesserato, già oggetto di pronuncia da parte di questo Tribunale Federale – sia pur in relazione ai componenti del Collegio giudicante -, è priva di pregio per due ordini di ragioni.

    La prima è rinvenibile nel fatto che l’Ufficio della Procura Federale sia esplicitamente disciplinato nel Titolo VI art. 46 rubricato “PROCURA FEDERALE: Composizione e funzioni” dello Statuto della Federazione Ciclistica Italiana e, dunque, con funzioni pienamente riconosciute e specificamente attribuite.

    E ciò è tanto più vero trattandosi di competenze previste nel Codice della Giustizia Sportiva che, in relazione all’ufficio del Procuratore federale, stabilisce (capo I, art. 40. c.1 “Nomina e funzioni”) che “Presso ogni Federazione è costituito l’ufficio del Procuratore federale per promuovere la repressione degli illeciti sanzionati dallo Statuto e dalle norme federali. Il Procuratore federale esercita le proprie funzioni davanti agli Organi di giustizia della rispettiva Federazione”. Ulteriormente, nello stesso Codice è noto che sono espressamente specificati i poteri riconducibili all’azione disciplinare (CAPO II, art. 44, c.1 “ Azione del procuratore federale”) per cui “Il Procuratore federale esercita in via esclusiva l’azione disciplinare nei confronti di tesserati, affiliati e degli altri soggetti legittimati secondo le norme di ciascuna Federazione, nelle forme e nei termini da queste previsti, quando non sussistono i presupposti per l’archiviazione” essendo attribuito al Procuratore federale “…il dovere di svolgere tutte le indagini necessarie all’accertamento di violazioni statutarie e regolamentari di cui ha notizia (cfr. Art. 47 Reg. Giust. – “Svolgimento delle indagini”).

    La seconda risiede nella decisione assunta dal Collegio di Garanzia del CONI.  Infatti, tale eccezione è già stata esaminata e vagliata nella decisione n°44/2020 del medesimo Organo di Giustizia. La Quarta Sezione del Collegio di Garanzia, infatti, non ha mancato di sottolineare come la costanza del tesseramento presso la FCI (ovvero il trascorso tesseramento) non siano requisiti per l’elezione agli organi di Giustizia Federale.

    Analogamente deve essere rigettata la questione relativa alla pretesa irregolarità della notifica avente ad oggetto la convocazione per l’audizione avanti la Procura Federale, avanzata dal tesserato nella nota del 4 aprile 2023. Orbene, al di là del fatto che non sono ravvisabili irregolarità di sorta nella notifica della convocazione – a nulla rilevando la questione relativa alla scelta del “mezzo” da utilizzare -, la stessa ha raggiunto il suo scopo. Infatti, è proprio dalla lettura del testo della citata missiva che il Dr. Fin da atto di aver ricevuto la convocazione il che ne esclude ogni irregolarità trattandosi, come noto, di atto recettizio che – come si è detto – con il raggiungimento dello scopo sana ogni eventuale irregolarità.

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    Prima di passare al merito della vicenda, il Collegio ritiene opportuno dare conto della natura giuridica del presente procedimento che, correttamente, deve essere inquadrato nell’ambito dell’Ordinamento Giuridico Sportivo ossia della Giustizia Sportiva.

    Orbene, la Giustizia Sportiva e l’Ordinamento Giuridico Sportivo hanno una loro struttura ben definita, un loro ambito di applicazione, principi imprescindibili e, soprattutto, piena autonomia dall’ordinamento giuridico statale (cfr. in tal senso L.17 Ottobre 2003, n. 280, Art. 1 “per cui “La Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale”). In altre parole, gli Statuti e i regolamenti federali (tra cui Regolamento di Giustizia Federale della FCI approvato con deliberazione del C.O.N.I. n°127 del 26/3/2019) sono volti ad assicurare il rispetto dei principi dell’Ordinamento Giuridico Sportivo, cui lo Stato riconosce autonomia, quale articolazione dell’Ordinamento Sportivo Internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale.

    In aggiunta agli Statuti Federali e ai Regolamenti di Giustizia Federale, va data applicazione anche al Codice di Comportamento Sportivo del C.O.N.I., deliberato dal Consiglio Nazionale il 30 ottobre 2012, previsto nello Statuto C.O.N.I. (art.13 bis).

    In proposito, giova dare conto in questa sede dei “Principi Fondamentali” che ispirano il Codice di Comportamento Sportivo ai quali tutti i tesserati e affiliati devono ispirare il proprio comportamento.

    Si legge nella premessa: Il presente Codice di comportamento sportivo specifica i doveri fondamentali, inderogabili e obbligatori, di lealtà, correttezza e probità previsti e sanzionati dagli Statuti e dai regolamenti del CONI, delle Federazioni sportive nazionali, ivi compresi quelli degli organismi rappresentativi delle società, delle Discipline sportive associate, degli Enti di promozione sportiva e delle Associazioni benemerite.

    I tesserati alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline sportive associate, agli Enti di promozione sportiva e alle Associazioni benemerite, in qualità di atleti, tecnici, dirigenti, ufficiali di gara, e gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo, in eventuali altre qualifiche diverse da quelle predette, comprese quelle di socio cui è riferibile direttamente o indirettamente il controllo delle società sportive, sono tenuti all'osservanza del Codice e la loro violazione costituisce grave inadempimento meritevole di adeguate sanzioni. L'ignoranza del Codice non può essere invocata a nessun effetto.” L’art. 1 del citato codice di comportamento sportivo rubricato “Osservanza della disciplina sportiva” dispone che: “I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo sono obbligati all'osservanza delle norme statutarie, regolamentari e sulla giustizia, nonché delle altre misure e decisioni adottate dal CONI e dall'Ente di appartenenza, ivi compreso il presente Codice. Essi sono tenuti ad adire previamente agli strumenti di tutela previsti dai rispettivi ordinamenti.”

    Alla luce di quanto sopra appare evidente tanto l’assoluta autonomia dell’Ordinamento Giuridico Sportivo rispetto alla giustizia ordinaria, quanto l’obbligatorietà delle norme statutarie e regolamentari della federazione di appartenenza in capo ai tesserati.

    Autonomia e indipendenza della Giustizia Sportiva quale imprescindibile e immutabile punto fermo per la piena applicazione dei principi dell’Ordinamento Giuridico Sportivo e per la garanzia di uguaglianza di tutti coloro che aderiscono alla federazione sportiva.

    L’Ordinamento Giuridico Sportivo, dunque, è un ordinamento di natura “negoziale” che spiega i suoi effetti con l’adesione alla federazione sportiva cui si decide di far parte; va da sé che nel momento in cui si aderisce ad un sistema “federale” se ne accettano regole, statuti e codici di comportamento. D’altro canto, non sono previste clausole di sorta che escludano taluni dal rispetto delle regole alle quali ci si è volontariamente sottoposti e ciò indipendentemente dalla professione che si svolge al di fuori dell’impegno in ambito sportivo. In tal senso, il richiamo operato dal tesserato Andrea Fin all’art 21 della Costituzione appare del tutto fuori luogo giacché, aderendo alla sua impostazione, ogni professione inserita in Costituzione non sarebbe soggetta all’ordinamento giuridico sportivo e, poiché la Costituzione tutela “il lavoro” in ogni sua forma, nessun tesserato sarebbe più assoggettabile all’ordinamento medesimo.

    Tali principi, peraltro, dovrebbero essere ben noti a tutti coloro che aderiscono alla Federazione Sportiva giacché si tratta di principi posti a fondamento di qualunque forma di aggregazione e, prima ancora, di ogni forma democratica di compartecipazione.

    Quanto al merito della vicenda

    Svolte le sopra riportate premesse di ordine generale, va ora trattata la vicenda nel merito.

    Esaminati gli atti acquisiti al presente procedimento e sentite le argomentazioni della Procura Federale (il Dr. Fin non si è presentato in udienza né ha fatto pervenire scritti difensivi che potessero essere valutati dal Collegio), il Tribunale Federale Sezione I ritiene raggiunta la prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, circa la colpevolezza del tesserato.

    L’attività di indagine svolta dall’U.P.F., che non ha trovato smentita alcuna negli atti, e l’esame del complessivo materiale probatorio acquisto al presente procedimento, ad avviso del Tribunale, appaiono sufficienti a fondare un giudizio di colpevolezza nei confronti del Dr. Andrea Fin.

    E’ opportuno premettere che la vicenda in esame presenta un aspetto, da trattare in via preliminare, del tutto peculiare relativo alla duplice posizione giuridica ricoperta del Dr. Fin. Quest’ultimo, infatti, da un lato svolge l’attività di giornalista pubblicista iscritto nell’apposito elenco dell’Albo dei giornalisti e, dall’altro, risulta essere tesserato FCI per l’anno 2023. Orbene, è doveroso evidenziare da subito che il presente giudizio non tratta – non rientrando nelle competenze di questo Collegio – delle prerogative che le vigenti normative attribuiscono ai pubblicisti iscritti nell’elenco dell’albo, il cui potere disciplinare rimane in capo al relativo Ordine Professionale.

    Oggetto del presente giudizio, invece, è unicamente il comportamento tenuto dal Dr. Fin nella sua qualità di tesserato per l’anno 2023; circostanza, questa, che impone al medesimo Dr. Fin il rispetto dello Statuto e del Regolamento di Giustizia Federale adottati dalla federazione di appartenenza alla quale il medesimo Dr. Fin ha scelto di associarsi. In tal senso, dunque, il potere disciplinare degli organi di giustizia FCI deve intendersi pienamente autonomo ed efficace in applicazione dei principi dell’Ordinamento Giuridico Sportivo e della Giustizia Sportiva. D’altro canto, laddove l’essere anche un giornalista pubblicista desse luogo ad una sorta di non assoggettabilità alla Giustizia Federale, ne discenderebbe quantomeno una iniqua disparità di trattamento per tutti i tesserati FCI che non svolgano anche la professione di giornalisti. Iniquità e disparità di trattamento che, evidentemente, non possono trovare fondamento nell’Ordinamento Giuridico Sportivo per tutto quanto detto sopra. Ne discende, dunque, che la scelta volontaria di tesserarsi per una qualunque associazione o federazione sportiva, comporta l’assoggettamento alle regole previste nello statuto e nei regolamenti dell’associazione medesima in ragione dell’autonomia dell’Ordinamento Giuridico Sportivo.

    In tale prospettiva, dunque, deve ricomprendersi anche l’esercizio dell’azione disciplinare esercitata dalla Procura Federale FCI in capo al tesserato Dr. Fin, giacché non pare ipotizzabile che il solo fatto di essere iscritto all’elenco dei pubblicisti presso l’Ordine professionale dei giornalisti attribuisca al tesserato il diritto/potere di sottrarsi alle norme statutarie e regolamentari della FCI alle quali, si ribadisce, volontariamente ha accettato di sottoporsi con il tesseramento.

    Ad avviso del Collegio, non esistendo alcuna incompatibilità codificata, entrambi gli ordinamenti giuridici (Ordinario e Sportivo), dunque, possono coesistere in capo alla medesima persona pur con la loro autonomia e indipendenza e ciascuno con le proprie prerogative e principi giuridici.

    Delineato l’ambito di applicazione dell’Ordinamento Giuridico Sportivo e della Giustizia Sportiva, veniamo ora al merito della vicenda.

    Il presente procedimento trae origine da alcuni articoli scritti dal Dr. Fin dei quali si è dato atto nell’imputazione formulata dalla Procura della Federale ed alla quale ci si richiama quale parte integrante della presente decisione. Più in particolare, i fatti ai quali si riferisce l’imputazione e, dunque, il presente procedimento risultano essere quelli di seguiti riportati.

    a) Il 23 febbraio 2023, sul sito www.Ciclismoweb.net, pubblicava un articolo a sua firma, intitolato “FCI: il nuovo logo è di Cordiano Dagnoni”

    Preliminarmente è opportuno dare conto di cosa debba intendersi per “patrocinio” rilasciato da una federazione analogamente a quanto fa un qualsiasi altro Ente Pubblico.

    Il patrocinio è un riconoscimento morale con il quale la Federazione Ciclistica Italiana, al pari di altre federazioni, esprime la propria simbolica adesione ad una iniziativa di carattere e importanza nazionale o regionale o provinciale, ritenuta meritevole per le sue finalità nell’ambito del ciclismo.

    Il patrocinio viene concesso dal Presidente Federale o, limitatamente alle iniziative di carattere regionale, dal Presidente del competente Comitato Regionale su delega del Presidente Federale.

    Il patrocinio è, dunque, un riconoscimento che non determina alcun obbligo finanziario a carico del bilancio Federale, ma consente all’organismo richiedente di apporre il logo FCI su tutte le comunicazioni relative all’iniziativa.

    Con il citato articolo il deferito manifestava il proprio dissenso circa la scelta operata dalla FCI di concedere l’uso del logo – peraltro regolarmente registrato dalla medesima FCI – solo previa richiesta specifica di patrocinio. Non solo. Il Dr. Fin stigmatizzava, inoltre, il fatto che la scelta di concedere o meno l’uso del logo, fosse riservata al Presidente.

    Orbene, se criticare una scelta in sé e per sé potrebbe non rilevare dal punto di vista disciplinare, farlo utilizzando uno “stile redazionale” che lascia intendere al pubblico un utilizzo privato del logo FCI da parte del Presidente Dagnoni in danno degli affiliati, indubbiamente contrasta con il divieto in capo ai tesserati FCI di esprimere giudizi lesivi della reputazione, onore e decoro di persone ed organismi operanti nell’ambito federale oltre che delle Istituzioni Federali in genere. A maggior ragione, laddove si consideri che la circostanza appare inveritiera e, peraltro, il Dr. Fin ha consapevolmente omesso la circostanza relativa alla registrazione del logo da parte della FCI.

    Al di là della gravità intrinseca di tali affermazioni lesive dell’onore del Presidente, non può non darsi conto della strumentalizzazione che il medesimo Dr. Fin ha fatto in relazione ad una scelta del tutto legittima che, peraltro, è regolamentata in analogo modo in qualsiasi altra istituzione di natura pubblicistica. Appare, infatti, evidente che la scelta operata dalla Federazione sia quella di avere un doveroso controllo sull’utilizzo del logo Federale che in tal senso deve essere preceduto da una verifica circa la ragione dell’uso medesimo e le finalità; conoscenza che ha, evidentemente lo scopo di tutelare la stessa FCI e suoi affiliati da eventuali utilizzi impropri del logo. Altre Federazioni sportive, hanno regolamentato in analogo modo la concessione del patrocinio.

    Ad avviso del Collegio, dunque, non vi sono dubbi in ordine all’intento gratuitamente diffamatorio e di dileggio che il tesserato Dr. Andrea Fin ha inteso muovere nei confronti del Presidente della FCI, proprio in ragione del fatto che la regolamentazione del “patrocinio” è da sempre gestita con identiche modalità da tutti gli Enti.

    b) In data 04 aprile 2023, inviava una nota a sua firma al Presidente Federale e per conoscenza ai Componenti del Consiglio Federale, al Collegio dei Revisori dei Conti FCI e alla Segreteria della Procura Federale.

    Con tale missiva, indirizzata a più persone, il Dr. Fin preannunciava a tutti i destinatari – anche se non se ne comprende l’esatta rilevanza, evidenziandosi così un mero intento diffamatorio nei riguardi del Procuratore Avv. Capozzoli – che non si sarebbe presentato dinanzi alla Procura Federale che lo aveva convocato per la sua audizione.

    Nella citata missiva, regolarmente acquisita agli atti del procedimento, il deferito attribuiva alla Federazione e, in particolare, al Procuratore Federale Avv. Nicola Capozzoli comportamenti “inquisitori” e “intimidatori” disconoscendo, vieppiù, in capo al Procuratore Federale stesso qualsiasi Autorità disciplinare. Disconoscimento di ogni prerogativa che, a dire del deferito, discenderebbe dal fatto che il Procuratore Federale non sia “un tesserato FCI” e che la sua funzione non sia ricompresa tra gli Organi di Giustizia della FCI. Sul punto, il Collegio si richiama a quanto già evidenziato più sopra in sede di analisi delle questioni preliminari, senza che sia il caso di ritornare in argomento, anche in ragione delle specifiche competenze professionali del deferito stesso.

    Nella medesima missiva il tesserato Dr. Fin, inoltre, attribuiva specifiche omissioni e violazioni regolamentari anche in capo alla Segreteria Generale colpevole, a suo dire, di non aver verificato l’assenza di tesseramento del Procuratore Federale.

    Va da sé che simili affermazioni – al di la del fatto che siano destituite di ogni fondamento di merito – si palesano quali gravi comportamenti volti unicamente a gettare discredito tanto sulla Federazione, quanto ai suoi Organi Federali. Del resto, se l’intento del deferito fosse stato quello di avanzare una “difesa” alle violazioni che gli venivano contestate, ben avrebbe potuto far pervenire una memoria con la quale chiarire le ragioni del proprio agire ovvero, assumendo un comportamento più rispettoso degli Organi di Giustizia della FCI, ovvero comparire avanti al Procuratore Federale ed esporre le proprie ragioni.

    Discorso diverso, invece, deve farsi con riguardo alla divulgazione di notizie relative ad un procedimento disciplinare ancora sottoposto al vaglio della Giustizia Sportiva. In proposito, ritiene il Collegio che il divieto sia riferibile unicamente a procedimenti che riguardano terzi soggetti rispetto a colui che effettua la divulgazione. Nel caso di specie, tuttavia, il Dr. Fin ha reso noto un procedimento a proprio carico e non a carico di terzi soggetti così non ritenendosi integrata la fattispecie. Sotto altro aspetto, invece, la pubblicazione di tali informazioni assume rilievo laddove viene fatta allo scopo di denigrare l’Ufficio del Procuratore Federale attribuendo a quest’ultimo comportamenti intimidatori e così cercando di ingenerare tra il pubblico, in un contesto tanto vasto come il web e, comunque, ben al di fuori di quello federale e più in generale, strettamente sportivo, l’idea di un uso strumentale e quasi “privatistico” della Giustizia Sportiva. Non solo. Condotta analoga è rinvenibile anche con riferimento alle gravi omissioni imputate alla Segreteria Generale della FCI con intento parimenti denigratorio e irriguardoso degli Organi Federali.

    c) In data 05 aprile 2023, sul sito www.Ciclismoweb.net, pubblicava l’articolo a sua firma, intitolato: “FCI: giù le mani da Ciclismoweb!”.

    In tale articolo il tesserato, ancora una volta, mostrava – quantomeno – insofferenza verso gli Organi di Giustizia della FCI e, più in particolare, nei riguardi del Presidente Cordiano Dagnoni e dell’Ufficio della Procura Federale, il cui operato non esitava a definire illegittimo. Tuttavia, ciò che appare ancora più rilevante e grave sotto il profilo disciplinare, è il fatto che il Dr. Andrea Fin nel proprio articolo in maniera molto esplicita e improvvida, attribuisse al Presidente Dagnoni e al Procuratore Federale l’intento di mettere una sorta di bavaglio alla testata giornalistica on line dallo stesso diretta; più precisamente si legge: “il Presidente Cordiano Dagnoni vorrebbe mettere il bavaglio al Ciclismoweb.net”. Affermazione, quest’ultima, non solo in evidente contrasto con i doveri in capo ai tesserati FCI, ma utilizzata strumentalmente per “giustificare” il proprio agire in contrasto con l’ordinamento giuridico sportivo.

    Appare del tutto evidente, infatti, che tanto la missiva di cui al punto sub b) quanto l’articolo sub c) siano volti ad una sorta di captatio benevolentiae sui lettori ai quali si è volutamente offerta una realtà tesa a screditare tanto la FCI e il suo Presidente, quanto l’Ufficio della Procura Federale e il suo Procuratore accreditando, di contro, una sorta di accanimento nei riguardi dello stesso Dr. Fin e, più in generale, l’intento di “censurare” la testata on line ciclismoweb.

    Se è vero che la scelta della linea difensiva non sia da alcuno sindacabile, è altrettanto vero che il comportamento processuale complessivo tenuto dal deferito possa – e debba – formare oggetto di specifica valutazione da parte del Collegio.  

    Analogamente, se è vero – come scrive il deferito – che “In Italia, che piaccia o meno al Presidente Dagnoni e all’Avv. Capozzoli, la Costituzione garantisce la libertà di stampa su cui possono pronunciarsi unicamente i giudici dello Stato”, è altrettanto vero che trincerarsi dietro il principio Costituzionale di riferimento per gettare discredito su persone e su organi istituzionali di una Federazione sia meritevole di giudizio censurabile dalla Giustizia Sportiva soprattutto se posto in essere da un soggetto che è anche proprio tesserato.

    Analogamente grave e degna di ferma censura è poi l’affermazione secondo la quale: “Utilizzare il tesseramento FCI, peraltro in qualità di dirigente di una associazione giovanile che opera tra i giovanissimi e di socio in una compagine che si occupa di viaggi cicloturistici, per mettere a tacere un giornalista è un tentativo talmente goffo e fuori luogo che non ha bisogno di alcun commento. (…)”

    Pur prescindendo dall’inappropriato registro espressivo utilizzato dal Dr. Andrea Fin, giova evidenziare come non rilevi in alcun modo la status dimensionale dell’associazione, ai fini dell’applicabilità dei principi generali e fondanti dell’Ordinamento Giuridico Sportivo.

    Ancor più grave appare, poi, l’affermazione secondo la quale da parte della FCI, del Presidente e del Procuratore Federale si sia inteso abusare del proprio potere disciplinare per reprimere il diritto di stampa.

    Per quanto esposto, nonché, dall’esame della complessiva documentazione acquisita al presente procedimento, ciò che appare di adamantina evidenza è che il deferito abbia inteso difendersi “dal processo” e non “nel processo”, attribuendo ad Organi Istituzionali comportamenti illegittimi senza, tuttavia, operare un vaglio critico delle proprie condotte che, di contro, si palesano vieppiù in evidente contrasto con la normativa di riferimento.

    D’altro canto, se è vero che esprimere il proprio dissenso o le proprie opinioni, sia un’innegabile diritto di tutti, è altrettanto vero che le espressioni utilizzate per esprimere il proprio pensiero non debbono mai risultare lesive dell’altrui reputazione.

    Più precisamente, il Regolamento di Giustizia FCI vieta che l’espressione del proprio pensiero sia in contrasto con lo specifico divieto di esprimere giudizi e rilievi lesivi della reputazione, onore e decoro tanto di soggetti, quanto di organi operanti all’interno della Federazione Ciclistica Italiana. La norma, dunque, non richiede un particolare grado di offensività dei giudizi e dei rilievi espressi, essendo sufficiente che tali opinioni siano lesive della reputazione e del decoro di soggetti o organi FCI.   

    In tal senso, assume rilevo l’esame del contenuto degli articoli pubblicati dal Fin, tanto nel suo tenore letterale, quanto – e soprattutto – nel suo significato complessivo. Ritiene il Tribunale che l’offensività di tali articoli possa e debba evincersi anche da una valutazione complessiva del tenore degli scritti, dalla quale sia desumibile l’intento dell’autore. Infatti, oltre alla oggettiva offensività dei termini nel loro significato letterale, il complessivo giudizio che il Dr. Fin vorrebbe dare è inequivocabilmente in termini non solo negativi, ma soprattutto denigratori dell’intero sistema su cui si fonda la FCI attribuendo agli organi di quest’ultima comportamenti illegittimi.

    Ciò che non consente di avere dubbi circa la volontà offensiva del Dr. Fin, è anche la circostanza secondo la quale il deferito procrastina la sua condotta offensiva nonostante l’avvio del procedimento che addirittura utilizza per proporsi quale “vittima” di un sistema che reprime il diritto di cronaca, sebbene il medesimo continui ad esercitare tale diritto superando e travalicando i limiti consentiti dall’Ordinamento Giuridico Sportivo.

    Per queste ragioni il complessivo esame del contenuto degli articoli pubblicati dal Dr. Fin denotano una precisa volontà di gettare discredito sul prestigio e sulla credibilità della FCI nel suo complesso e, in particolare, sugli Organi di Giustizia deputati all’esercizio dell’azione disciplinare.

    Quanto al complessivo comportamento processuale tenuto dal Dr. Fin, non può inferirsi un diverso giudizio da quello sopra evidenziato. Il deferito, infatti, invece di offrire alla Procura Federale prima e al Tribunale dopo, una chiave di lettura diversa da quella che emerge dagli scritti e dai documenti acquisiti al fascicolo, ha ribadito il proprio spregio per l’agire della FCI e dei suoi Organi attribuendo a questi ultimi comportamenti illegittimi che si sarebbero concretizzati – a detta del Dr. Fin – in omissioni e violazioni e ribadendo la bontà e legittimità del proprio agire.

    In tale ottica, non può non rilevare anche la scelta del Dr. Fin di non presentarsi avanti al Collegio, così preferendo abdicare al proprio diritto di difesa, scegliendo consapevolmente di non offrire al Tribunale alcuno spunto di valutazione del proprio agito, in contrasto con quello offerto dalla Procura Federale.

    Il trattamento sanzionatorio

    Quanto al trattamento sanzionatorio, il Collegio ritiene opportune talune considerazioni funzionali alla graduazione della pena da infliggere in concreto.

    Un primo profilo attiene alle condizioni soggettive del tesserato Dr. Andrea Fin dal quale, in ragione delle proprie specifiche competenze giuridiche e professionali quali l’attività di difensore spesa proprio avanti a questo Tribunale, sarebbe stato legittimo attendersi una maggiore propensione al rispetto dell’Ordinamento Giuridico Sportivo e dei suoi principi.

    Un secondo profilo attiene al complessivo comportamento, anche processuale, tenuto dal tesserato Dr. Andrea Fin nel procedimento che ci occupa.

    Il Dr. Andrea Fin ha manifestato una acclarata insofferenza al rispetto del Regolamento di Giustizia, venendo meno a quel dovere di lealtà e correttezza, anche morale, imposto dal Regolamento di Giustizia della F.C.I., che deve improntare l’agire di ciascun tesserato della Federazione Ciclistica Italiana.

    Alla luce delle considerazioni sopra svolte, il Tribunale Federale I Sezione ritiene equa e conforme alle violazione contestate, la sanzione della inibizione per mesi 3 (tre) ed € 1.500,00 ammenda con decorrenza dal 2 ottobre 2023 e fino al 2 gennaio 2024.

    Il Tribunale Federale I Sezione,

    P.Q.M.

    definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al n. 1/2023 commina al tesserato Fin Andrea la sanzione della inibizione per mesi 3 (tre) ed euro 1.500,00 di ammenda con decorrenza dal 2 ottobre 2023 e sino al 2 gennaio 2024.

    Giorni dieci per il deposito delle motivazioni.

    Il Presidente  

    Avv. Salvatore Minardi

     

    data di pubblicazione: 29/09/2023

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    Federciclismo

    Federazione Ciclistica Italiana





    N.° 4 del 2023

    29 Settembre, 2023

    1^ sezione - Procedimento Rg 1/23

    Comunicato N. 4 del 29/09/23

    Il Tribunale Federale Sezione I in composizione Collegiale nella persona dei Sigg.ri:

    Avv. Salvatore Minardi - Presidente

    Avv. Patrich Rabaini - Relatore

    Avv. Stefano Gianfaldoni - Componente

    con l’assistenza del segretario Avv. Marzia Picchioni (funzionaria FCI).

    Nel procedimento iscritto al N° 1/2023 R.G. Trib. a carico del tesserato Andrea Fin, difeso in proprio, chiamato a rispondere delle seguenti violazioni disciplinari:

    1. Violazione dell’art. 1, punti 1 e 3, del Regolamento di Giustizia Federale della F.C.I., perchè in spregio del dovere gravante su ciascun tesserato di osservare una condotta conforme ai principi di lealtà, rettitudine e correttezza anche morale nell’ambito dei rapporti riguardanti l’attività federale ed altresì ed espressamente nell’ambito dei rapporti sociali ed economici; inoltre, in violazione del divieto rivolto ai tesserati FCI di esprimere giudizi lesivi della reputazione, onore e decoro di persone ed organismi operanti nell’ambito federale oltre che delle istituzioni federali in genere, nonchè di fornire a terzi notizie ed informazioni riguardanti persone e fatti ancora sottoposti all’esame e al vaglio degli organi di giustizia federale, il Dott. Andrea Fin, tesserato presso la FCI per l’anno 2023:
    1. Il 23 febbraio 2023, sul sito www.Ciclismoweb.net, pubblicava un articolo a sua firma, intitolato “FCI: il nuovo logo è di Cordiano Dagnoni”, accompagnato dalla riproduzione di una foto raffigurante un’immagine tratta dal film “il marchese del Grillo” in cui al volto del noto attore Alberto Sordi veniva giustapposto quello del Presidente della FCI, Sig. Cordiano Dagnoni. In tale articolo, il Dott. Andrea Fin commentava le vicende relative alla presentazione del nuovo marchio della Federazione Ciclistica Italiana nonchè la disciplina impartita per regolarne l’utilizzo dall’ufficio “Settore Eventi Federali”, tra l’altro, omettendo di dar conto dell’avvenuta registrazione di tale marchio e della proprietà dello stesso in capo alla Federazione Ciclistica Italiana, ricorrendo alle seguenti espressioni lesive della figura del Presidente federale e del responsabile del Settore Eventi Federali: “Tesserati senza logo – Insomma, se ancora non vi fosse chiaro, il logo è proprietà esclusiva della FCI. Anzi, del Presidente Cordiano Dagnoni che deciderà se concederlo, a chi e in quali occasioni. Una novità per tutte le società che svolgono la propria attività in qualità di <<affiliate>> alla FCI e nel rispetto delle regole della stessa Federazione. Tutti i dirigenti che erano abituati a riportare, con orgoglio e spirito di appartenenza, il logo della Federazione nelle proprie locandine, nei volantini, sui siti e persino sulle coppe, sulle targhe, sulle maglie consegnate sui podi di tutta Italia, dovranno quindi stare in guardia. Da oggi, anzi, da ieri, questo logo non si può più utilizzare senza l’approvazione, il consenso e la concessione del patrocinio del Presidente Dagnoni (o, eventualmente, per le manifestazioni minori dei Presidenti Regionali e Provinciali). Non è sufficiente essere degli affiliati o dei tesserati della FCI (pagando le quote dovute) per potersi fregiare del logo della Federazione a cui si appartiene. Non è sufficiente nemmeno ottenere l’approvazione della gara per poter usare il logo della FCI. Servirà una ulteriore richiesta di <<concessione del patrocinio>> che potrebbe, peraltro, venire rifiutata a seconda delle valutazioni del Presidente. Una scelta quantomai bizzarra e, ancora una volta, contraria alle disposizioni del CONI. E’ lo stesso CONI, infatti, a chiarire che <<le ASD e le SSD possono utilizzare esclusivamente il logo della Federazione di appartenenza e, quindi, se in esso è presente il logo CONI suddetto (stilizzato, a righe) esso può essere inserito nella propria corrispondenza o nei propri stampati>>. (...) In nessun caso il Presidente può decidere di fare <<uso proprio>> delle risorse della Federazione o dello stemma federale. Tantomeno decidere che un tesserato possa utilizzare il logo della FCI mentre un altro no. Ancora meno, a dettare queste linee guida, può essere un semplice dipendente della FCI anche se questo sia il Segretario del Presidente, figura nemmeno prevista dallo Statuto Federale, o appartenga al <<Settore Eventi Federali>> di nuova invenzione presidenziale. Lo spirito di appartenenza alla FCI passa anche attraverso il riconoscimento delle società come appartenenti alla Federazione tramite il richiamo ad un simbolo, un logo; imporre a chi svolge l’attività ed è in regola con i doveri federali, una ulteriore richiesta per la concessione di un patrocinio significa sminuire ulteriormente il lavoro di società e tesserati. Questa nuova invenzione del Presidente Dagnoni allontana di un altro gradino la base dal vertice della FCI ed equivale ad una prese di distanze: la FCI, in questo modo, arrogandosi il diritto di concedere o meno il patrocinio, è come se disconoscesse tutte le attività svolte dai propri tesserati e dalle proprie società, quasi non le appartenessero”. Lasciava così intendere al pubblico, in un contesto, peraltro, extra sportivo, attraverso il contenuto dell’articolo nel suo complesso e con le espressioni riportate, che il nuovo logo della Federazione Ciclistica non dovesse essere oggetto di qualsivoglia disciplina all’utilizzo, attribuendone contrariamente al vero la proprietà/disponibilità di fatto in capo alla persona del Presidente Dagnoni (“In nessun caso il Presidente può decidere di fare uso proprio delle risorse della Federazione”) e accreditando la tesi di un arbitrario utilizzo privato del marchio da parte dello stesso Presidente federale in danno degli affiliati;
    2. In data 04 aprile 2023, dopo avere ricevuto il telegramma di convocazione per il successivo 05 aprile per essere ascoltato dall’Ufficio di Procura Federale della F.C.I., inviava una nota a sua firma al Presidente Federale e per conoscenza ai Componenti del Consiglio Federale, al Collegio dei Revisori dei Conti FCI e alla Segreteria della Procura Federale, nella quale preannunciando il proprio rifiuto di presentarsi dinanzi alla Procura Federale, per le ragioni meglio specificate nel testo, attribuiva alla FCI e al Procuratore Federale, Avv. Nicola Capozzoli, quale espressione della Federazione, condotte testualmente definite come “inquisitorie” e “intimidatorie”, oltre a disconoscere qualunque autorità in capo all’Ufficio di Procura ed al Procuratore Federale, per non essere quest’ultimo, in quanto non appartenente agli Organi di Giustizia, tesserato FCI; nel medesimo contesto, nell’ascrivere omissioni e violazioni regolamentari alla Segreteria Generale in relazione alla mancata verifica del tesseramento del Procuratore Federale. In particolare, si riferiva alla FCI, al Procuratore Federale e alla Segreteria Generale con le seguenti affermazioni: “Di fronte a quanto sin qui esposto, appare chiaro che la FCI non detiene alcuna giurisdizione né alcuna competenza per porre sotto indagine, per il tramite dell’Avv. Nicola Capozzoli, il sottoscritto giornalista. Si tratta, al contrario, di un evidente tentativo dai toni, dalle modalità e dal fine chiaramente inquisitori e intimidatori nei confronti di un giornalista che ha svolto il proprio lavoro. Per questo motivo, l’indagine disciplinare della FCI che ha come motivazione gli articoli del 23.02.2023 e del 31.03.2023, è da ritenersi del tutto illegittima così come la conseguente convocazione del sottoscritto fissata per il giorno 05.04.2023 presso gli uffici federali. (...) 3.C – Procuratore non tesserato indaga il giornalista tesserato. Questione ancor più curiosa, poi, è il fatto che lo stesso Avv. Nicola Capozzoli, il Procuratore Federale il quale ha disposto l’audizione del sottoscritto giornalista, in qualità di tesserato FCI, non risulta, ad oggi, essere a sua volta un tesserato della FCI. Colgo l’occasione per rammentarle la non trascurabile circostanza che non essendo la Procura Federale un organo di giustizia, vige, per il Procuratore stesso, alla stregua di qualsiasi altro dirigente con incarichi federali, l’obbligo del tesseramento, così come previsto dall’art. 31, comma 1, lett. C dello Statuto della FCI. Per questo sorprende ancora di più la condotta della Segreteria Generale che avrebbe segnalato alla Procura il caso in oggetto senza, invece, ottemperare al suo ruolo di controllo e garanzia di applicazione delle norme statutarie. Spetta infatti alla Segreteria, come lei certamente sa, accertarsi che un dirigente sia tesserato prima della nomina, passaggio fondamentale per esercitare le funzioni connesse alla carica stessa. Non mi dilungo sul fatto che questo modo di operare, in sostanza, giustifica il mancato rispetto delle norme federali anche da parte della stessa Segreteria. (...) A questo punto le chiedo come può un soggetto estraneo alla FCI ricoprire il ruolo di Procuratore Federale? E, come può tale soggetto non tesserato alla FCI, indagare e disporre l’audizione di soggetti tesserati alla FCI? Dunque: il sottoscritto, nello svolgimento della propria attività professionale, viene sottoposto ad indagine in quanto <<anche tesserato della FCI>> da soggetto non tesserato che, però, è stato nominato su Sua proposta dal Consiglio Federale, opera all’interno della FCI e si rapporta quotidianamente con gli Organi di Giustizia (pur non essendo tale). La contraddizione, per chi voglia vedere, è chiara ed evidente”. Quanto sopra, tra l’altro, nonostante l’esplicita inclusione, al Titolo VI dello Statuto della Federazione Ciclistica Italiana, della figura del Procuratore Federale tra gli Organi di Giustizia e la giurisprudenza del Collegio di Garanzia dello Sport, in ordine all’insussistenza di obbligo di tesseramento in capo ai componenti degli Organi di Giustizia (in particolare, Decisione n. 44/2020, Collegio di Garanzia dello Sport, IV Sezione);
    3. In data 05 aprile 2023, sul sito www.Ciclismoweb.net, pubblicava l’articolo a sua firma, intitolato: “FCI: giù le mani da Ciclismoweb!”, nel quale oltre a diffondere la copia del telegramma di convocazione inviatogli dall’Ufficio di Procura Federale per l’audizione fissata lo stesso 05 aprile e la copia della nota del precedente 04 aprile di cui al punto 3, benchè si trattasse di atti relativi ad un procedimento in fase di indagini che dovevano restare coperti da segreto, attribuiva al Presidente Federale Dagnoni e al Procuratore Federale, Avv. Nicola Capozzoli, quale emanazione del primo, l’intento di impedirgli – attraverso l’iscrizione di un procedimento disciplinare a suo carico – di svolgere l’attività di giornalista con riferimento a fatti e vicende aventi ad oggetto la Federazione Ciclistica Italiana tra l’altro, con le seguenti affermazioni: “Aprire la cassetta della posta e trovare un telegramma riporta direttamente al secolo scorso. Se poi il tono è quello inquisitorio della Procura Federale allora il flashback è direttamente agli anni 30 del 900. Indagato – Dallo scorso 21 marzo, chi scrive è ufficialmente indagato dalla Procura Federale capitanata dall’Avv. Nicola Capozzoli. La colpa è quella di aver scritto riguardo ai fatti (e misfatti) che riguardano la FCI. Utilizzando il fatto che il sottoscritto è <<anche>> un tesserato della FCI, il Presidente Cordiano Dagnoni vorrebbe mettere il bavaglio al Ciclismoweb.net che in questi mesi, documenti alla mano, ha aggiornato i appassionati, tifosi, addetti ai lavori e tesserati della FCI su quanto accade all’interno del palazzo. (...) Non si illuda quindi il Presidente Cordiano Dagnoni, che in questi giorni si è vantato pubblicamente di aver fatto avviare l’indagine a carico di Andrea Fin dalla Procura Federale: anche questo gramo tentativo di mettere l’anello al naso a Ciclismoweb.net non andrà a buon fine. La convocazione e l’intimidazione – Il famoso telegramma convocava chi scrive a presentarsi per oggi pomeriggio, innanzi alla Procura Federale per riferire circa l’articolo con cui avevamo dato conto della circolare emessa dal segretario personale del Presidente Dagnoni sull’utilizzo del logo federale (...). Lunedì ci è stata recapitata una ulteriore e-mail, a firma del segretario della Procura Federale Alessandro Bezzi, con cui venivamo informati che nel fascicolo di indagine era stato inserito anche l’articolo sul bando per l’assegnazione del Giro U23 e Giro Donne (...) Ovviamente non vi sarebbe nessun problema nel presentarsi davanti alla Procura Federale ma, come potrete leggere nella lettera che abbiamo inviato ieri alla FCI, questo organo non ha alcuna giurisdizione per giudicare l’operato di un giornalista e di un organo di informazione. In Italia, che piaccia o meno al Presidente Dagnoni e all’Avv. Capozzoli, la Costituzione garantisce la libertà di stampa su cui possono pronunciarsi unicamente i giudici dello Stato. Utilizzare il tesseramento FCI, peraltro in qualità di dirigente di una associazione giovanile che opera tra i giovanissimi e di socio in una compagine che si occupa di viaggi cicloturistici, per mettere a tacere un giornalista è un tentativo talmente goffo e fuori luogo che non ha bisogno di alcun commento. (...) Dato che, con ogni probabilità, anche questo articolo finirà all’interno del fascicolo del Procuratore Capozzoli, non ci vogliamo dimenticare nemmeno di lui. Questa vicenda, infatti, ci consente di accendere un faro su una ulteriore criticità dell’organizzazione federale: l’Avv. Nicola Capozzoli, Procuratore Federale, non risulta essere tesserato. E dire che, invece, l’art. 31, comma 1, dello Statuto Federale impone chiaramente a tutti i candidati a ricoprire cariche di nomina o elettive (ad esclusione degli organi di giustizia tra cui non rientra la Procura Federale) l’obbligo di essere in possesso del requisito del tesseramento preventivo. Ed il controllo di questo è affidato all’operatività imparziale della Segreteria Generale. Dunque sarebbe un personaggio nominato in maniera illegittima, che svolge illegittimamente il proprio ruolo a indagare e convocare un giornalista solo perché quest’ultimo è <<anche>> tesserato alla FCI. Tanto ci basta per ribadire con forza <<Cara FCI, giù le mani da Ciclismoweb.net!>>” Con le richiamate espressioni, inoltre, lasciava intendere ai lettori e in generale al pubblico circostanze concernenti l’asserito illegittimo esercizio della funzione del Procuratore Federale ad opera dell’Avv. Nicola Capozzoli, per non essere quest’ultimo tesserato FCI, nonostante l’esplicita inclusione, al Titolo VI dello Statuto della Federazione Ciclistica Italiana, della figura del Procuratore Federale tra gli Organi di Giustizia e la giurisprudenza del Collegio di Garanzia dello Sport, in ordine all’insussistenza di obbligo di tesseramento in capo ai componenti degli Organi di Giustizia (in particolare, Decisione n. 44/2020, Collegio di Garanzia dello Sport, IV Sezione).

    All’udienza Collegiale, ritualmente convocata, del 22 settembre 2023 alle ore 11.00, verificata la regolarità delle convocazioni presenti:

    - per l’Ufficio della Procura Federale, il Procuratore Federale Aggiunto Avv. Ida Blasi nonché il Segretario Sig. Alessandro Bezzi (Funzionario FCI);

    - il deferito Dr. Andrea Fin non è comparso.

    IN FATTO

    Il Presidente dà la parola al giudice relatore per la relazione introduttiva.

    Per l’U.P.F. il Procuratore Federale Aggiunto Avv. Ida Blasi preliminarmente precisa che l’azione disciplinare viene svolta in quanto Fin Andrea risulta tesserato per l’anno 2023, per la Federazione Ciclistica Italiana e, in quanto tale, è soggetto alla giurisdizione della Giustizia Sportiva e, dunque, allo statuto e al regolamento di Giustizia Federale. Procede, poi, all’illustrazione dell’atto di deferimento precisando le motivazioni poste a base dello stesso ed illustrando dettagliatamente l’esito degli atti di indagine.

    Più in particolare, il Procuratore Federale si sofferma sull’analisi degli elementi in forza dei quali ritenere provata la responsabilità del deferito Dr. Andrea Fin ponendo l’accento sulla gravità dei fatti contestati al deferito.

    Il Procuratore Federale Aggiunto conclude chiedendo che sia irrogata al deferito la sanzione dell’inibizione temporanea per mesi 3 ed euro 1.500,00 di ammenda.

    Il Tribunale Federale I Sezione

    in camera di consiglio ha emesso la pronuncia che segue.

    Preliminarmente, va esaminata, sia pur incidenter tantum, la questione relativa alla legittimazione dell’Ufficio della Procura Federale ad esercitare l’azione disciplinare nei confronti dell’odierno deferito.

    Nella missiva datata 4 aprile 2023 il deferito afferma che il Procuratore Federale non sarebbe titolare di alcun potere di impulso all’azione disciplinare giacché il medesimo non risulta tesserato per la Federazione Ciclistica Italiana e la sua funzione non è annoverata tra gli Organi di Giustizia della FCI.

    La questione sollevata dal tesserato, già oggetto di pronuncia da parte di questo Tribunale Federale - sia pur in relazione ai componenti del Collegio giudicante -, è priva di pregio per due ordini di ragioni.

    La prima è rinvenibile nel fatto che l’Ufficio della Procura Federale sia esplicitamente disciplinato nel Titolo VI art. 46 rubricato “PROCURA FEDERALE: Composizione e funzioni” dello Statuto della Federazione Ciclistica Italiana e, dunque, con funzioni pienamente riconosciute e specificamente attribuite.

    E ciò è tanto più vero trattandosi di competenze previste nel Codice della Giustizia Sportiva che, in relazione all’ufficio del Procuratore federale, stabilisce (capo I, art. 40. c.1 “Nomina e funzioni”) che “Presso ogni Federazione è costituito l’ufficio del Procuratore federale per promuovere la repressione degli illeciti sanzionati dallo Statuto e dalle norme federali. Il Procuratore federale esercita le proprie funzioni davanti agli Organi di giustizia della rispettiva Federazione”. Ulteriormente, nello stesso Codice è noto che sono espressamente specificati i poteri riconducibili all’azione disciplinare (CAPO II, art. 44, c.1 “ Azione del procuratore federale”) per cui “Il Procuratore federale esercita in via esclusiva l’azione disciplinare nei confronti di tesserati, affiliati e degli altri soggetti legittimati secondo le norme di ciascuna Federazione, nelle forme e nei termini da queste previsti, quando non sussistono i presupposti per l’archiviazione” essendo attribuito al Procuratore federale “…il dovere di svolgere tutte le indagini necessarie all’accertamento di violazioni statutarie e regolamentari di cui ha notizia (cfr. Art. 47 Reg. Giust. – “Svolgimento delle indagini”).

    La seconda risiede nella decisione assunta dal Collegio di Garanzia del CONI.  Infatti, tale eccezione è già stata esaminata e vagliata nella decisione n°44/2020 del medesimo Organo di Giustizia. La Quarta Sezione del Collegio di Garanzia, infatti, non ha mancato di sottolineare come la costanza del tesseramento presso la FCI (ovvero il trascorso tesseramento) non siano requisiti per l’elezione agli organi di Giustizia Federale.

    Analogamente deve essere rigettata la questione relativa alla pretesa irregolarità della notifica avente ad oggetto la convocazione per l’audizione avanti la Procura Federale, avanzata dal tesserato nella nota del 4 aprile 2023. Orbene, al di là del fatto che non sono ravvisabili irregolarità di sorta nella notifica della convocazione – a nulla rilevando la questione relativa alla scelta del “mezzo” da utilizzare -, la stessa ha raggiunto il suo scopo. Infatti, è proprio dalla lettura del testo della citata missiva che il Dr. Fin da atto di aver ricevuto la convocazione il che ne esclude ogni irregolarità trattandosi, come noto, di atto recettizio che – come si è detto - con il raggiungimento dello scopo sana ogni eventuale irregolarità.

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    Prima di passare al merito della vicenda, il Collegio ritiene opportuno dare conto della natura giuridica del presente procedimento che, correttamente, deve essere inquadrato nell’ambito dell’Ordinamento Giuridico Sportivo ossia della Giustizia Sportiva.

    Orbene, la Giustizia Sportiva e l’Ordinamento Giuridico Sportivo hanno una loro struttura ben definita, un loro ambito di applicazione, principi imprescindibili e, soprattutto, piena autonomia dall’ordinamento giuridico statale (cfr. in tal senso L.17 Ottobre 2003, n. 280, Art. 1 “per cui “La Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale”). In altre parole, gli Statuti e i regolamenti federali (tra cui Regolamento di Giustizia Federale della FCI approvato con deliberazione del C.O.N.I. n°127 del 26/3/2019) sono volti ad assicurare il rispetto dei principi dell’Ordinamento Giuridico Sportivo, cui lo Stato riconosce autonomia, quale articolazione dell’Ordinamento Sportivo Internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale.

    In aggiunta agli Statuti Federali e ai Regolamenti di Giustizia Federale, va data applicazione anche al Codice di Comportamento Sportivo del C.O.N.I., deliberato dal Consiglio Nazionale il 30 ottobre 2012, previsto nello Statuto C.O.N.I. (art.13 bis).

    In proposito, giova dare conto in questa sede dei “Principi Fondamentali” che ispirano il Codice di Comportamento Sportivo ai quali tutti i tesserati e affiliati devono ispirare il proprio comportamento.

    Si legge nella premessa: Il presente Codice di comportamento sportivo specifica i doveri fondamentali, inderogabili e obbligatori, di lealtà, correttezza e probità previsti e sanzionati dagli Statuti e dai regolamenti del CONI, delle Federazioni sportive nazionali, ivi compresi quelli degli organismi rappresentativi delle società, delle Discipline sportive associate, degli Enti di promozione sportiva e delle Associazioni benemerite.

    I tesserati alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline sportive associate, agli Enti di promozione sportiva e alle Associazioni benemerite, in qualità di atleti, tecnici, dirigenti, ufficiali di gara, e gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo, in eventuali altre qualifiche diverse da quelle predette, comprese quelle di socio cui è riferibile direttamente o indirettamente il controllo delle società sportive, sono tenuti all'osservanza del Codice e la loro violazione costituisce grave inadempimento meritevole di adeguate sanzioni. L'ignoranza del Codice non può essere invocata a nessun effetto.” L’art. 1 del citato codice di comportamento sportivo rubricato “Osservanza della disciplina sportiva” dispone che: “I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo sono obbligati all'osservanza delle norme statutarie, regolamentari e sulla giustizia, nonché delle altre misure e decisioni adottate dal CONI e dall'Ente di appartenenza, ivi compreso il presente Codice. Essi sono tenuti ad adire previamente agli strumenti di tutela previsti dai rispettivi ordinamenti.”

    Alla luce di quanto sopra appare evidente tanto l’assoluta autonomia dell’Ordinamento Giuridico Sportivo rispetto alla giustizia ordinaria, quanto l’obbligatorietà delle norme statutarie e regolamentari della federazione di appartenenza in capo ai tesserati.

    Autonomia e indipendenza della Giustizia Sportiva quale imprescindibile e immutabile punto fermo per la piena applicazione dei principi dell’Ordinamento Giuridico Sportivo e per la garanzia di uguaglianza di tutti coloro che aderiscono alla federazione sportiva.

    L’Ordinamento Giuridico Sportivo, dunque, è un ordinamento di natura “negoziale” che spiega i suoi effetti con l’adesione alla federazione sportiva cui si decide di far parte; va da sé che nel momento in cui si aderisce ad un sistema “federale” se ne accettano regole, statuti e codici di comportamento. D’altro canto, non sono previste clausole di sorta che escludano taluni dal rispetto delle regole alle quali ci si è volontariamente sottoposti e ciò indipendentemente dalla professione che si svolge al di fuori dell’impegno in ambito sportivo. In tal senso, il richiamo operato dal tesserato Andrea Fin all’art 21 della Costituzione appare del tutto fuori luogo giacché, aderendo alla sua impostazione, ogni professione inserita in Costituzione non sarebbe soggetta all’ordinamento giuridico sportivo e, poiché la Costituzione tutela “il lavoro” in ogni sua forma, nessun tesserato sarebbe più assoggettabile all’ordinamento medesimo.

    Tali principi, peraltro, dovrebbero essere ben noti a tutti coloro che aderiscono alla Federazione Sportiva giacché si tratta di principi posti a fondamento di qualunque forma di aggregazione e, prima ancora, di ogni forma democratica di compartecipazione.

    Quanto al merito della vicenda

    Svolte le sopra riportate premesse di ordine generale, va ora trattata la vicenda nel merito.

    Esaminati gli atti acquisiti al presente procedimento e sentite le argomentazioni della Procura Federale (il Dr. Fin non si è presentato in udienza né ha fatto pervenire scritti difensivi che potessero essere valutati dal Collegio), il Tribunale Federale Sezione I ritiene raggiunta la prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, circa la colpevolezza del tesserato.

    L’attività di indagine svolta dall’U.P.F., che non ha trovato smentita alcuna negli atti, e l’esame del complessivo materiale probatorio acquisto al presente procedimento, ad avviso del Tribunale, appaiono sufficienti a fondare un giudizio di colpevolezza nei confronti del Dr. Andrea Fin.

    E’ opportuno premettere che la vicenda in esame presenta un aspetto, da trattare in via preliminare, del tutto peculiare relativo alla duplice posizione giuridica ricoperta del Dr. Fin. Quest’ultimo, infatti, da un lato svolge l’attività di giornalista pubblicista iscritto nell’apposito elenco dell’Albo dei giornalisti e, dall’altro, risulta essere tesserato FCI per l’anno 2023. Orbene, è doveroso evidenziare da subito che il presente giudizio non tratta – non rientrando nelle competenze di questo Collegio – delle prerogative che le vigenti normative attribuiscono ai pubblicisti iscritti nell’elenco dell’albo, il cui potere disciplinare rimane in capo al relativo Ordine Professionale.

    Oggetto del presente giudizio, invece, è unicamente il comportamento tenuto dal Dr. Fin nella sua qualità di tesserato per l’anno 2023; circostanza, questa, che impone al medesimo Dr. Fin il rispetto dello Statuto e del Regolamento di Giustizia Federale adottati dalla federazione di appartenenza alla quale il medesimo Dr. Fin ha scelto di associarsi. In tal senso, dunque, il potere disciplinare degli organi di giustizia FCI deve intendersi pienamente autonomo ed efficace in applicazione dei principi dell’Ordinamento Giuridico Sportivo e della Giustizia Sportiva. D’altro canto, laddove l’essere anche un giornalista pubblicista desse luogo ad una sorta di non assoggettabilità alla Giustizia Federale, ne discenderebbe quantomeno una iniqua disparità di trattamento per tutti i tesserati FCI che non svolgano anche la professione di giornalisti. Iniquità e disparità di trattamento che, evidentemente, non possono trovare fondamento nell’Ordinamento Giuridico Sportivo per tutto quanto detto sopra. Ne discende, dunque, che la scelta volontaria di tesserarsi per una qualunque associazione o federazione sportiva, comporta l’assoggettamento alle regole previste nello statuto e nei regolamenti dell’associazione medesima in ragione dell’autonomia dell’Ordinamento Giuridico Sportivo.

    In tale prospettiva, dunque, deve ricomprendersi anche l’esercizio dell’azione disciplinare esercitata dalla Procura Federale FCI in capo al tesserato Dr. Fin, giacché non pare ipotizzabile che il solo fatto di essere iscritto all’elenco dei pubblicisti presso l’Ordine professionale dei giornalisti attribuisca al tesserato il diritto/potere di sottrarsi alle norme statutarie e regolamentari della FCI alle quali, si ribadisce, volontariamente ha accettato di sottoporsi con il tesseramento.

    Ad avviso del Collegio, non esistendo alcuna incompatibilità codificata, entrambi gli ordinamenti giuridici (Ordinario e Sportivo), dunque, possono coesistere in capo alla medesima persona pur con la loro autonomia e indipendenza e ciascuno con le proprie prerogative e principi giuridici.

    Delineato l’ambito di applicazione dell’Ordinamento Giuridico Sportivo e della Giustizia Sportiva, veniamo ora al merito della vicenda.

    Il presente procedimento trae origine da alcuni articoli scritti dal Dr. Fin dei quali si è dato atto nell’imputazione formulata dalla Procura della Federale ed alla quale ci si richiama quale parte integrante della presente decisione. Più in particolare, i fatti ai quali si riferisce l’imputazione e, dunque, il presente procedimento risultano essere quelli di seguiti riportati.

    a) Il 23 febbraio 2023, sul sito www.Ciclismoweb.net, pubblicava un articolo a sua firma, intitolato “FCI: il nuovo logo è di Cordiano Dagnoni”

    Preliminarmente è opportuno dare conto di cosa debba intendersi per “patrocinio” rilasciato da una federazione analogamente a quanto fa un qualsiasi altro Ente Pubblico.

    Il patrocinio è un riconoscimento morale con il quale la Federazione Ciclistica Italiana, al pari di altre federazioni, esprime la propria simbolica adesione ad una iniziativa di carattere e importanza nazionale o regionale o provinciale, ritenuta meritevole per le sue finalità nell’ambito del ciclismo.

    Il patrocinio viene concesso dal Presidente Federale o, limitatamente alle iniziative di carattere regionale, dal Presidente del competente Comitato Regionale su delega del Presidente Federale.

    Il patrocinio è, dunque, un riconoscimento che non determina alcun obbligo finanziario a carico del bilancio Federale, ma consente all’organismo richiedente di apporre il logo FCI su tutte le comunicazioni relative all’iniziativa.

    Con il citato articolo il deferito manifestava il proprio dissenso circa la scelta operata dalla FCI di concedere l’uso del logo – peraltro regolarmente registrato dalla medesima FCI – solo previa richiesta specifica di patrocinio. Non solo. Il Dr. Fin stigmatizzava, inoltre, il fatto che la scelta di concedere o meno l’uso del logo, fosse riservata al Presidente.

    Orbene, se criticare una scelta in sé e per sé potrebbe non rilevare dal punto di vista disciplinare, farlo utilizzando uno “stile redazionale” che lascia intendere al pubblico un utilizzo privato del logo FCI da parte del Presidente Dagnoni in danno degli affiliati, indubbiamente contrasta con il divieto in capo ai tesserati FCI di esprimere giudizi lesivi della reputazione, onore e decoro di persone ed organismi operanti nell’ambito federale oltre che delle Istituzioni Federali in genere. A maggior ragione, laddove si consideri che la circostanza appare inveritiera e, peraltro, il Dr. Fin ha consapevolmente omesso la circostanza relativa alla registrazione del logo da parte della FCI.

    Al di là della gravità intrinseca di tali affermazioni lesive dell’onore del Presidente, non può non darsi conto della strumentalizzazione che il medesimo Dr. Fin ha fatto in relazione ad una scelta del tutto legittima che, peraltro, è regolamentata in analogo modo in qualsiasi altra istituzione di natura pubblicistica. Appare, infatti, evidente che la scelta operata dalla Federazione sia quella di avere un doveroso controllo sull’utilizzo del logo Federale che in tal senso deve essere preceduto da una verifica circa la ragione dell’uso medesimo e le finalità; conoscenza che ha, evidentemente lo scopo di tutelare la stessa FCI e suoi affiliati da eventuali utilizzi impropri del logo. Altre Federazioni sportive, hanno regolamentato in analogo modo la concessione del patrocinio.

    Ad avviso del Collegio, dunque, non vi sono dubbi in ordine all’intento gratuitamente diffamatorio e di dileggio che il tesserato Dr. Andrea Fin ha inteso muovere nei confronti del Presidente della FCI, proprio in ragione del fatto che la regolamentazione del “patrocinio” è da sempre gestita con identiche modalità da tutti gli Enti.

    b) In data 04 aprile 2023, inviava una nota a sua firma al Presidente Federale e per conoscenza ai Componenti del Consiglio Federale, al Collegio dei Revisori dei Conti FCI e alla Segreteria della Procura Federale.

    Con tale missiva, indirizzata a più persone, il Dr. Fin preannunciava a tutti i destinatari – anche se non se ne comprende l’esatta rilevanza, evidenziandosi così un mero intento diffamatorio nei riguardi del Procuratore Avv. Capozzoli – che non si sarebbe presentato dinanzi alla Procura Federale che lo aveva convocato per la sua audizione.

    Nella citata missiva, regolarmente acquisita agli atti del procedimento, il deferito attribuiva alla Federazione e, in particolare, al Procuratore Federale Avv. Nicola Capozzoli comportamenti “inquisitori” e “intimidatori” disconoscendo, vieppiù, in capo al Procuratore Federale stesso qualsiasi Autorità disciplinare. Disconoscimento di ogni prerogativa che, a dire del deferito, discenderebbe dal fatto che il Procuratore Federale non sia “un tesserato FCI” e che la sua funzione non sia ricompresa tra gli Organi di Giustizia della FCI. Sul punto, il Collegio si richiama a quanto già evidenziato più sopra in sede di analisi delle questioni preliminari, senza che sia il caso di ritornare in argomento, anche in ragione delle specifiche competenze professionali del deferito stesso.

    Nella medesima missiva il tesserato Dr. Fin, inoltre, attribuiva specifiche omissioni e violazioni regolamentari anche in capo alla Segreteria Generale colpevole, a suo dire, di non aver verificato l’assenza di tesseramento del Procuratore Federale.

    Va da sé che simili affermazioni – al di la del fatto che siano destituite di ogni fondamento di merito – si palesano quali gravi comportamenti volti unicamente a gettare discredito tanto sulla Federazione, quanto ai suoi Organi Federali. Del resto, se l’intento del deferito fosse stato quello di avanzare una “difesa” alle violazioni che gli venivano contestate, ben avrebbe potuto far pervenire una memoria con la quale chiarire le ragioni del proprio agire ovvero, assumendo un comportamento più rispettoso degli Organi di Giustizia della FCI, ovvero comparire avanti al Procuratore Federale ed esporre le proprie ragioni.

    Discorso diverso, invece, deve farsi con riguardo alla divulgazione di notizie relative ad un procedimento disciplinare ancora sottoposto al vaglio della Giustizia Sportiva. In proposito, ritiene il Collegio che il divieto sia riferibile unicamente a procedimenti che riguardano terzi soggetti rispetto a colui che effettua la divulgazione. Nel caso di specie, tuttavia, il Dr. Fin ha reso noto un procedimento a proprio carico e non a carico di terzi soggetti così non ritenendosi integrata la fattispecie. Sotto altro aspetto, invece, la pubblicazione di tali informazioni assume rilievo laddove viene fatta allo scopo di denigrare l’Ufficio del Procuratore Federale attribuendo a quest’ultimo comportamenti intimidatori e così cercando di ingenerare tra il pubblico, in un contesto tanto vasto come il web e, comunque, ben al di fuori di quello federale e più in generale, strettamente sportivo, l’idea di un uso strumentale e quasi “privatistico” della Giustizia Sportiva. Non solo. Condotta analoga è rinvenibile anche con riferimento alle gravi omissioni imputate alla Segreteria Generale della FCI con intento parimenti denigratorio e irriguardoso degli Organi Federali.

    c) In data 05 aprile 2023, sul sito www.Ciclismoweb.net, pubblicava l’articolo a sua firma, intitolato: “FCI: giù le mani da Ciclismoweb!”.

    In tale articolo il tesserato, ancora una volta, mostrava – quantomeno - insofferenza verso gli Organi di Giustizia della FCI e, più in particolare, nei riguardi del Presidente Cordiano Dagnoni e dell’Ufficio della Procura Federale, il cui operato non esitava a definire illegittimo. Tuttavia, ciò che appare ancora più rilevante e grave sotto il profilo disciplinare, è il fatto che il Dr. Andrea Fin nel proprio articolo in maniera molto esplicita e improvvida, attribuisse al Presidente Dagnoni e al Procuratore Federale l’intento di mettere una sorta di bavaglio alla testata giornalistica on line dallo stesso diretta; più precisamente si legge: “il Presidente Cordiano Dagnoni vorrebbe mettere il bavaglio al Ciclismoweb.net”. Affermazione, quest’ultima, non solo in evidente contrasto con i doveri in capo ai tesserati FCI, ma utilizzata strumentalmente per “giustificare” il proprio agire in contrasto con l’ordinamento giuridico sportivo.

    Appare del tutto evidente, infatti, che tanto la missiva di cui al punto sub b) quanto l’articolo sub c) siano volti ad una sorta di captatio benevolentiae sui lettori ai quali si è volutamente offerta una realtà tesa a screditare tanto la FCI e il suo Presidente, quanto l’Ufficio della Procura Federale e il suo Procuratore accreditando, di contro, una sorta di accanimento nei riguardi dello stesso Dr. Fin e, più in generale, l’intento di “censurare” la testata on line ciclismoweb.

    Se è vero che la scelta della linea difensiva non sia da alcuno sindacabile, è altrettanto vero che il comportamento processuale complessivo tenuto dal deferito possa – e debba – formare oggetto di specifica valutazione da parte del Collegio.  

    Analogamente, se è vero – come scrive il deferito - che “In Italia, che piaccia o meno al Presidente Dagnoni e all’Avv. Capozzoli, la Costituzione garantisce la libertà di stampa su cui possono pronunciarsi unicamente i giudici dello Stato”, è altrettanto vero che trincerarsi dietro il principio Costituzionale di riferimento per gettare discredito su persone e su organi istituzionali di una Federazione sia meritevole di giudizio censurabile dalla Giustizia Sportiva soprattutto se posto in essere da un soggetto che è anche proprio tesserato.

    Analogamente grave e degna di ferma censura è poi l’affermazione secondo la quale: “Utilizzare il tesseramento FCI, peraltro in qualità di dirigente di una associazione giovanile che opera tra i giovanissimi e di socio in una compagine che si occupa di viaggi cicloturistici, per mettere a tacere un giornalista è un tentativo talmente goffo e fuori luogo che non ha bisogno di alcun commento. (...)”

    Pur prescindendo dall’inappropriato registro espressivo utilizzato dal Dr. Andrea Fin, giova evidenziare come non rilevi in alcun modo la status dimensionale dell’associazione, ai fini dell’applicabilità dei principi generali e fondanti dell’Ordinamento Giuridico Sportivo.

    Ancor più grave appare, poi, l’affermazione secondo la quale da parte della FCI, del Presidente e del Procuratore Federale si sia inteso abusare del proprio potere disciplinare per reprimere il diritto di stampa.

    Per quanto esposto, nonché, dall’esame della complessiva documentazione acquisita al presente procedimento, ciò che appare di adamantina evidenza è che il deferito abbia inteso difendersi “dal processo” e non “nel processo”, attribuendo ad Organi Istituzionali comportamenti illegittimi senza, tuttavia, operare un vaglio critico delle proprie condotte che, di contro, si palesano vieppiù in evidente contrasto con la normativa di riferimento.

    D’altro canto, se è vero che esprimere il proprio dissenso o le proprie opinioni, sia un’innegabile diritto di tutti, è altrettanto vero che le espressioni utilizzate per esprimere il proprio pensiero non debbono mai risultare lesive dell’altrui reputazione.

    Più precisamente, il Regolamento di Giustizia FCI vieta che l’espressione del proprio pensiero sia in contrasto con lo specifico divieto di esprimere giudizi e rilievi lesivi della reputazione, onore e decoro tanto di soggetti, quanto di organi operanti all’interno della Federazione Ciclistica Italiana. La norma, dunque, non richiede un particolare grado di offensività dei giudizi e dei rilievi espressi, essendo sufficiente che tali opinioni siano lesive della reputazione e del decoro di soggetti o organi FCI.   

    In tal senso, assume rilevo l’esame del contenuto degli articoli pubblicati dal Fin, tanto nel suo tenore letterale, quanto – e soprattutto – nel suo significato complessivo. Ritiene il Tribunale che l’offensività di tali articoli possa e debba evincersi anche da una valutazione complessiva del tenore degli scritti, dalla quale sia desumibile l’intento dell’autore. Infatti, oltre alla oggettiva offensività dei termini nel loro significato letterale, il complessivo giudizio che il Dr. Fin vorrebbe dare è inequivocabilmente in termini non solo negativi, ma soprattutto denigratori dell’intero sistema su cui si fonda la FCI attribuendo agli organi di quest’ultima comportamenti illegittimi.

    Ciò che non consente di avere dubbi circa la volontà offensiva del Dr. Fin, è anche la circostanza secondo la quale il deferito procrastina la sua condotta offensiva nonostante l’avvio del procedimento che addirittura utilizza per proporsi quale “vittima” di un sistema che reprime il diritto di cronaca, sebbene il medesimo continui ad esercitare tale diritto superando e travalicando i limiti consentiti dall’Ordinamento Giuridico Sportivo.

    Per queste ragioni il complessivo esame del contenuto degli articoli pubblicati dal Dr. Fin denotano una precisa volontà di gettare discredito sul prestigio e sulla credibilità della FCI nel suo complesso e, in particolare, sugli Organi di Giustizia deputati all’esercizio dell’azione disciplinare.

    Quanto al complessivo comportamento processuale tenuto dal Dr. Fin, non può inferirsi un diverso giudizio da quello sopra evidenziato. Il deferito, infatti, invece di offrire alla Procura Federale prima e al Tribunale dopo, una chiave di lettura diversa da quella che emerge dagli scritti e dai documenti acquisiti al fascicolo, ha ribadito il proprio spregio per l’agire della FCI e dei suoi Organi attribuendo a questi ultimi comportamenti illegittimi che si sarebbero concretizzati – a detta del Dr. Fin – in omissioni e violazioni e ribadendo la bontà e legittimità del proprio agire.

    In tale ottica, non può non rilevare anche la scelta del Dr. Fin di non presentarsi avanti al Collegio, così preferendo abdicare al proprio diritto di difesa, scegliendo consapevolmente di non offrire al Tribunale alcuno spunto di valutazione del proprio agito, in contrasto con quello offerto dalla Procura Federale.

    Il trattamento sanzionatorio

    Quanto al trattamento sanzionatorio, il Collegio ritiene opportune talune considerazioni funzionali alla graduazione della pena da infliggere in concreto.

    Un primo profilo attiene alle condizioni soggettive del tesserato Dr. Andrea Fin dal quale, in ragione delle proprie specifiche competenze giuridiche e professionali quali l’attività di difensore spesa proprio avanti a questo Tribunale, sarebbe stato legittimo attendersi una maggiore propensione al rispetto dell’Ordinamento Giuridico Sportivo e dei suoi principi.

    Un secondo profilo attiene al complessivo comportamento, anche processuale, tenuto dal tesserato Dr. Andrea Fin nel procedimento che ci occupa.

    Il Dr. Andrea Fin ha manifestato una acclarata insofferenza al rispetto del Regolamento di Giustizia, venendo meno a quel dovere di lealtà e correttezza, anche morale, imposto dal Regolamento di Giustizia della F.C.I., che deve improntare l’agire di ciascun tesserato della Federazione Ciclistica Italiana.

    Alla luce delle considerazioni sopra svolte, il Tribunale Federale I Sezione ritiene equa e conforme alle violazione contestate, la sanzione della inibizione per mesi 3 (tre) ed € 1.500,00 ammenda con decorrenza dal 2 ottobre 2023 e fino al 2 gennaio 2024.

    Il Tribunale Federale I Sezione,

    P.Q.M.

    definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al n. 1/2023 commina al tesserato Fin Andrea la sanzione della inibizione per mesi 3 (tre) ed euro 1.500,00 di ammenda con decorrenza dal 2 ottobre 2023 e sino al 2 gennaio 2024.

    Giorni dieci per il deposito delle motivazioni.

    Il Presidente  

    Avv. Salvatore Minardi

     

    data di pubblicazione: 29/09/2023

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