Mentre siamo qui a piangere l’ennesima tragedia di ciclisti ammazzati, che porta il totale da gennaio ad oggi a 130, in Trentino si è avviata una polemica sull’utilità o meno, sulla bontà o meno, della sperimentazione di «bike lane» su alcune strade provinciali. Il progetto della Provincia Autonoma di Trento ne prevede 20 sulle principali salite percorse da ciclisti (agonisti o semplici cicloturisti). Una polemica alimentata dalla Uil trasporti che, sui social, ha scatenato l’ira degli automobilisti che si sentono padroni della strada solo perché pagano il bollo dell’auto. Come se le tasse che pagano tutti i cittadini non siano esse stesse un contributo a mantenere le strade a posto e a poterle utilizzare. Una polemica fuori luogo, pretestuosa, con il solito obiettivo: criminalizzare i ciclisti, allontanarli dalle strade perché sono un impedimento, un intralcio, una scocciatura.
    Dopo le tragedie di Matteo Lorenzi e Sara Piffer, investiti e uccisi mentre seguivano la loro passione sportiva, la Federciclismo trentina, in accordo con Fiab e altre associazioni, ha promosso una campagna/manifestazione con al centro alcune proposte rivolte alla politica, che vanno nella direzione di migliorare la sicurezza di ciclisti e pedoni. Tra le altre, anche la costruzione delle bike lane. Una linea tratteggiata (valicabile) o continua (invalicabile) che metta da una lato il ciclista in maggiore sicurezza e, al tempo stesso, induca l’automobilista a rallentare e prestare la dovuta attenzione e distanza.
    Ora sembra che questa soluzione, sperimentata con successo in diversi paesi europei, invece che migliorare la situazione provochi maggiori rischi per chi guida un’automobile, un furgone, un pullman o un camion che deve superare un ciclista in quanto costretti a superare la linea di mezzeria. Ma prima non succedeva la stessa cosa? O si preferisce continuare a “fare il pelo” ai ciclisti? I detrattori di questa soluzione dicono: «Ora non si può più superare, saremo costretti a stare dietro per chilometri». Se la bike lane è tratteggiata, ove non ci fosse la presenza di un ciclista, tutti i mezzi possono stare anche oltre quel limite. Quindi non c’è ragione di dire che queste linee portino maggiore pericolo per i mezzi pesanti.
    Per parte nostra siamo disponibili ad un confronto pubblico per sostenere le ragioni e l’efficacia di questa soluzione che va estesa a tutte le strade proposte dal progetto della Provincia.

     

    Bike Lane, il Comitato Fci Trento fa chiarezza

    Mentre siamo qui a piangere l'ennesima tragedia di ciclisti ammazzati, che porta il totale da gennaio ad oggi a 130, in Trentino si è avviata una polemica sull'utilità o meno, sulla bontà o meno, della sperimentazione di «bike lane» su alcune strade provinciali. Il progetto della Provincia Autonoma di Trento ne prevede 20 sulle principali salite percorse da ciclisti (agonisti o semplici cicloturisti). Una polemica alimentata dalla Uil trasporti che, sui social, ha scatenato l’ira degli automobilisti che si sentono padroni della strada solo perché pagano il bollo dell'auto. Come se le tasse che pagano tutti i cittadini non siano esse stesse un contributo a mantenere le strade a posto e a poterle utilizzare. Una polemica fuori luogo, pretestuosa, con il solito obiettivo: criminalizzare i ciclisti, allontanarli dalle strade perché sono un impedimento, un intralcio, una scocciatura.
    Dopo le tragedie di Matteo Lorenzi e Sara Piffer, investiti e uccisi mentre seguivano la loro passione sportiva, la Federciclismo trentina, in accordo con Fiab e altre associazioni, ha promosso una campagna/manifestazione con al centro alcune proposte rivolte alla politica, che vanno nella direzione di migliorare la sicurezza di ciclisti e pedoni. Tra le altre, anche la costruzione delle bike lane. Una linea tratteggiata (valicabile) o continua (invalicabile) che metta da una lato il ciclista in maggiore sicurezza e, al tempo stesso, induca l’automobilista a rallentare e prestare la dovuta attenzione e distanza.
    Ora sembra che questa soluzione, sperimentata con successo in diversi paesi europei, invece che migliorare la situazione provochi maggiori rischi per chi guida un’automobile, un furgone, un pullman o un camion che deve superare un ciclista in quanto costretti a superare la linea di mezzeria. Ma prima non succedeva la stessa cosa? O si preferisce continuare a “fare il pelo” ai ciclisti? I detrattori di questa soluzione dicono: «Ora non si può più superare, saremo costretti a stare dietro per chilometri». Se la bike lane è tratteggiata, ove non ci fosse la presenza di un ciclista, tutti i mezzi possono stare anche oltre quel limite. Quindi non c’è ragione di dire che queste linee portino maggiore pericolo per i mezzi pesanti.
    Per parte nostra siamo disponibili ad un confronto pubblico per sostenere le ragioni e l’efficacia di questa soluzione che va estesa a tutte le strade proposte dal progetto della Provincia.

     

    Bike Lane, il Comitato Fci Trento fa chiarezza

    Mentre siamo qui a piangere l'ennesima tragedia di ciclisti ammazzati, che porta il totale da gennaio ad oggi a 130, in Trentino si è avviata una polemica sull'utilità o meno, sulla bontà o meno, della sperimentazione di «bike lane» su alcune strade provinciali. Il progetto della Provincia Autonoma di Trento ne prevede 20 sulle principali salite percorse da ciclisti (agonisti o semplici cicloturisti). Una polemica alimentata dalla Uil trasporti che, sui social, ha scatenato l’ira degli automobilisti che si sentono padroni della strada solo perché pagano il bollo dell'auto. Come se le tasse che pagano tutti i cittadini non siano esse stesse un contributo a mantenere le strade a posto e a poterle utilizzare. Una polemica fuori luogo, pretestuosa, con il solito obiettivo: criminalizzare i ciclisti, allontanarli dalle strade perché sono un impedimento, un intralcio, una scocciatura.
    Dopo le tragedie di Matteo Lorenzi e Sara Piffer, investiti e uccisi mentre seguivano la loro passione sportiva, la Federciclismo trentina, in accordo con Fiab e altre associazioni, ha promosso una campagna/manifestazione con al centro alcune proposte rivolte alla politica, che vanno nella direzione di migliorare la sicurezza di ciclisti e pedoni. Tra le altre, anche la costruzione delle bike lane. Una linea tratteggiata (valicabile) o continua (invalicabile) che metta da una lato il ciclista in maggiore sicurezza e, al tempo stesso, induca l’automobilista a rallentare e prestare la dovuta attenzione e distanza.
    Ora sembra che questa soluzione, sperimentata con successo in diversi paesi europei, invece che migliorare la situazione provochi maggiori rischi per chi guida un’automobile, un furgone, un pullman o un camion che deve superare un ciclista in quanto costretti a superare la linea di mezzeria. Ma prima non succedeva la stessa cosa? O si preferisce continuare a “fare il pelo” ai ciclisti? I detrattori di questa soluzione dicono: «Ora non si può più superare, saremo costretti a stare dietro per chilometri». Se la bike lane è tratteggiata, ove non ci fosse la presenza di un ciclista, tutti i mezzi possono stare anche oltre quel limite. Quindi non c’è ragione di dire che queste linee portino maggiore pericolo per i mezzi pesanti.
    Per parte nostra siamo disponibili ad un confronto pubblico per sostenere le ragioni e l’efficacia di questa soluzione che va estesa a tutte le strade proposte dal progetto della Provincia.