“Una volta sono andato da lui per fare una gara assieme e abbiamo preso la sua Lancia, perché lui stava meglio di me quanto a soldi. Prima di partire gli chiedo: dove arriviamo con la benzina? E lui: tranquillo, fino al Brennero. E' finita che siamo rimasti a secco e sono dovuto andare a fare rifornimento io, a piedi, col fiasco”.
Qualcuno la potrebbe definire la strana coppia. Quel che è certo è che questi due hanno sempre avuto una sintonia speciale, di quelle in grado di farti vincere una Medaglia d’Oro olimpica nel Tandem. E gli alfieri azzurri di questa disciplina sono una coppia talmente affiatata da sembrare uno slogan: Bianchetto e Beghetto.
L’uno, Sergio Bianchetto, si alzava alle 3 del mattino per andarsi ad allenare in bicicletta, perché alle 7 il padre lo aspettava per andare a lavorare come carpentiere meccanico. L’altro, Giuseppe “Bepo” Beghetto, faceva il “vaccaro” a Tombolo, come quasi tutti da quelle parti. Nati nello stesso anno, a 40 km di distanza, trovano sin da subito un grande affiatamento, sfociato poi in una intesa perfetta raggiunta alle Olimpiadi di Roma del 1960.
Superate le volate eliminatorie senza nemmeno sudare, resta solo un tandem da battere: due tedeschi contro due italiani. E la consapevolezza inizia a crescere: “Dopo aver vinto le prime manche io dentro di me mi sono detto: vinciamo le Olimpiadi, di sicuro” dice Beghetto con un sorriso che non lascia spazio a diverse interpretazioni.
Contro Simon e Stäber a fare da protagonista è inizialmente un gioco di finte e controfinte, come fossero due scacchisti, il velodromo la scacchiera e le biciclette i loro pedoni. “Non c’era nessun piano prestabilito” racconta Bianchetto. E ancora: “Sentivamo dalla pedalata se potevamo aumentare o no, e si sentiva che il tandem cominciava a lanciarsi. Era il momento di partire”. Gli azzurri sono i più coraggiosi, i più veloci, e volano a più di 70 km/h per prendersi l’Oro olimpico.
La gioia non poteva essere più grande: “Aver vinto a Roma come italiano è stata un’emozione enorme, una cosa meravigliosa”. E oggi, a 55 anni di distanza da quella Olimpiade, l’intesa è rimasta quella di un tempo, anche se la testa è tinta di bianco e nel volto c'è qualche ruga in più.
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