“La mia pecca è stata di avere vinto troppo in troppo poco tempo, ma non mi pento di niente. Dal ciclismo ho ricevuto più di quanto ho dato”. In effetti, Valentino Gasparella fra il 1955 ed il 1960 ha vinto 190 corse, la maggior parte su pista. Poi l'Oro olimpico, nel 1956 a Melbourne, nell'Inseguimento a squadre. E ancora il record dei 500 metri lanciati: 29”80 alla media di 60, 402. Le maglie tricolori non si contavano.
Gasparella, classe 1935 di Isola Vicentina, comincia a pedalare come spesso succede: due amici - già corridori - lo invitano ad uscire in allenamento con loro. Lui li segue con la sua bicicletta modello femminile, senza la canna ma sopratutto senza il cambio.
Aveva gambe di acciaio, Valentino: pigiando forte sui pedali incredibilmente stacca di ruota quei suoi increduli compagni, che pure qualche corsetta già l’avevano vinta.
Arriva all'apice del successo a metà degli anni '50, grazie anche alla Medaglia d'Oro conquistata a Melbourne e i due titioli mondiali, ma la sua stella inizia ad eclissarsi nel 1960. In quell'anno una banale caduta sulla neve che gli causa la frattura di una caviglia, costringendolo a ritardare l’inizio della preparazione di quell’annata importante che portava all’Olimpiade di Roma.
Quella che segna ufficialmente il declino di un atleta che per cinque anni aveva mandato in delirio tutte le platee: "Gaiardoni era un campione emergente, ma io lo avevo sempre battuto, ero più forte. Purtroppo non arrivai a quell’Olimpiade nella giusta condizione. No, non era questione di gambe, ma di testa. Il C.t Costa improvvisamente mi aveva messo da parte per dare fiducia a Gaiardoni. E io mi sentii solo. Forse sarebbe bastata la presenza di qualche familiare, di un po’ di amici e le cose sarebbero andate diversamente. Invece subii il colpo psicologicamente. Io e Sterckx vincemmo una prova a testa in semifinale, poi la bella andò a lui”. Per lui, “solo” un Bronzo dal sapore amaro.
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